Ancor prima delle 8,30 di oggi sul sito di Studenti.it sono arrivate alcune indiscrezioni poi confermate dall’apertura delle buste.
Gli oltre 500mila studenti si trovano ad affrontare, ancora una volta, il tema della politica con l’Apologia di Socrate per opera di Platone che riprende il tema della politica tanto caro alla Gelmini. Il Ministro, infatti, in una nota, e in relazione alle scelte fatte dagli studenti sulla prima prova di italiano, ha dichiarato: “Avrei scelto la traccia sui giovani e i leader perché dimostra che la politica, in ogni epoca storica, non può prescindere dal ruolo e dalla forza ideale dei giovani”. Ma non è stato così.
I diplomandi, infatti, ieri hanno preferito il tema d’ambito socio-economico su “La ricerca della felicità” (36,9%) seguito dalla traccia sulla musica nella società contemporanea (25,3%) e dal saggio breve tecnico-scientifico “Siamo soli?” (19%).
Forse i giovani non sono tanto attratti dalla politica e qualcuno potrebbe pensare, se è vero che l’esempio viene dall’alto, che l’attuale politica non stia dando esempi e indicazioni tali da “affascinare” i giovani.
Da altre indiscrezioni, provenienti dai siti degli studenti, negli istituti commerciali il tema verte sulla disamina degli effetti prodotti dall’attuale crisi finanziaria; per gli istituti socio-psico-pedagogici la traccia punta su “La vocazione, l’ottimismo, il rapporto alunno docente genitore e l’autonomia dell’insegnante, l’uso di internet e i cambiamenti nella mappa del sapere”.
Gli studenti dovranno ancora cimentarsi nella terza prova che prevede una serie di quiz.
Gli studenti dovranno ancora cimentarsi nella terza prova che prevede una serie di quiz.
Ecco la traduzione del presunto testo tratto dal’Apologia di Socrate:
”Infatti, cittadini ateniesi, io non ho mai esercitato nessuna carica in città se non come membro della Bulé; e capitò che la mia tribù Antiochide avesse la pritania quando decideste di giudicare tutti insieme, illegittimamente (paranomos), come sembrò in un secondo momento a tutti voi, i dieci strateghi che non avevano raccolto [i naufraghi] della battaglia navale. Ma in quel momento io solo fra i pritani mi opposi a voi, per non fare niente contro la legge, e votai contro. E mentre c’erano oratori pronti a denunciarmi e a trascinarmi in giudizio e voi gridavate e li incitavate, [32c] io pensavo che era per me doveroso rischiare il tutto per tutto con la legge e la giustizia, piuttosto che stare con voi deliberando cose ingiuste, per paura della prigione o della morte. E questo fu quando la città aveva ancora una costituzione democratica. Ma quando si affermò l’oligarchia, i trenta mi rifecero chiamare al Tholo con altri quattro, e mi ingiunsero di portar via da Salamina Leonte di Salamina per metterlo a morte. Essi davano molti ordini del genere a numerosi altri, perché volevano contaminare con le loro colpe più persone possibili. E anche allora, [32d] tuttavia, provai non a parole ma con i fatti che della morte non m’importa – se non è detto troppo rusticamente – proprio nulla, mentre non agire in modo ingiusto ed empio mi sta del tutto a cuore. Perciò quel governo, pur essendo così potente, non mi turbò tanto da indurmi a fare qualcosa di ingiusto, e, uscito dal Tholo, mentre gli altri quattro erano andati a Salamina a prendere Leonte, io mi ero allontanato e me ne ero andato a casa”.
”Infatti, cittadini ateniesi, io non ho mai esercitato nessuna carica in città se non come membro della Bulé; e capitò che la mia tribù Antiochide avesse la pritania quando decideste di giudicare tutti insieme, illegittimamente (paranomos), come sembrò in un secondo momento a tutti voi, i dieci strateghi che non avevano raccolto [i naufraghi] della battaglia navale. Ma in quel momento io solo fra i pritani mi opposi a voi, per non fare niente contro la legge, e votai contro. E mentre c’erano oratori pronti a denunciarmi e a trascinarmi in giudizio e voi gridavate e li incitavate, [32c] io pensavo che era per me doveroso rischiare il tutto per tutto con la legge e la giustizia, piuttosto che stare con voi deliberando cose ingiuste, per paura della prigione o della morte. E questo fu quando la città aveva ancora una costituzione democratica. Ma quando si affermò l’oligarchia, i trenta mi rifecero chiamare al Tholo con altri quattro, e mi ingiunsero di portar via da Salamina Leonte di Salamina per metterlo a morte. Essi davano molti ordini del genere a numerosi altri, perché volevano contaminare con le loro colpe più persone possibili. E anche allora, [32d] tuttavia, provai non a parole ma con i fatti che della morte non m’importa – se non è detto troppo rusticamente – proprio nulla, mentre non agire in modo ingiusto ed empio mi sta del tutto a cuore. Perciò quel governo, pur essendo così potente, non mi turbò tanto da indurmi a fare qualcosa di ingiusto, e, uscito dal Tholo, mentre gli altri quattro erano andati a Salamina a prendere Leonte, io mi ero allontanato e me ne ero andato a casa”.
Nel box “Approfondimenti” di questa pagina il testo originale in greco.