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Maturità, serve? I dubbi di Giannelli: perdita di tempo e soldi, il voto è media degli anni passati, atenei e aziende non lo vedono

“Perché dobbiamo perdere tutto questo tempo e spendere anche questi soldi se poi dobbiamo dare agli studenti una valutazione che è la media degli anni passati?”. A porre l’interrogativo, alla vigilia degli esami di maturità 2024, è stato Antonello Giannelli, presidente nazionale dell’Associazione nazionale presidi.

Poco utile

Partecipando a Timeline, su Sky Tg24, Giannelli ha cercato di fare capire perché “dal punto di vista strettamente valutativo” la maturità non è una verifica “molto utile. Penso però che sia importante per gli studenti perché è un momento importante”, ha sottolineato il leader del primo sindacato dei dirigenti scolastici.

Per come è strutturata, considerando i “crediti” che gli studenti si portano dietro per le valutazioni acquisite nel triennio finale delle superiori, ha aggiunto il sindacalista dei presidi, oggi la maturità scolastica “non consente di fare grandi valutazioni perché ricalca quella che è la valutazione della scuola.

Per Giannelli, la domanda legittima sarebbe” quindi quella di capire a cosa serva investire così tanto tempo e soldi se poi dobbiamo poco più che replicare le valutazioni individuali di cui ogni consiglio di classe è in possesso dalla fine delle lezioni.

Rito di iniziazione verso l’età adulta

“Qualcuno – ha quindi specificato – dice sia un rito di iniziazione, comunque sia passano alla maggiore età attraverso questo esame che rimarrà nella loro memoria, spero non in modo traumatico, ma sicuramente in modo importante”.

Certamente, Giannelli crede che l’impianto d’esame finale delle scuole superiori “si possa mantenere” (anche perché per legge è indispensabile passare degli esami per assegnare il diploma di Stato ndr), “ma dal punto di vista pratico non serve a nulla. Le stesse università – ha sottolineato il numero uno dell’Anp – poi fanno dei test indipendenti o comunque non si basano sul voto di maturità, figuriamoci i datori di lavoro privati interessati ad assumere qualcuno che si diploma soprattutto negli istituti tecnici o professionali. A loro sicuramente non interessa nulla del voto” conseguito alla maturità.

Tanti commissari rinunciatari

A proposito dell’alto numero di rinunce di presidenti e commissari, confermato anche quest’anno con almeno 20.000 giustificazioni di vario tipo presentate in corrispondenza dell’avvio della riunione plenaria a cui avrebbero dovuto partecipare altrettanti insegnanti, presidi, precari o neo-laureati, Giannelli non si è meravigliato. Anzi, ha tenuto a ricordare che “i docenti in pensione fanno parte delle commissioni da sempre” e quindi “è assolutamente fisiologico e normale che una certa percentuale sia di docenti in pensione”.

“Ovviamente – ha continuato – stiamo parlando di insegnanti in pensione da poco tempo, tre anni, che richiedono di svolgere questo compito. E anche i presidenti possono essere dei presidi in pensione non c’è nulla di strano ed è così da sempre”.

Quindi, ha ricordato che sbaglia chi pensa “che i docenti in pensione vengono chiamati perché magari rinuncia un commissario per ragioni strane, ma non è così: esistono delle graduatorie. Tutti fanno domanda al loro tempo e si provvede con le sostituzioni”.

Docenti e presidi pagati troppo poco

Sui compensi ai commissari, Giannelli concorda con il fatto che siano bassi: “sono fermi da più di dieci anni quindi se noi pensiamo a una realtà come quella romana, che è una grande città, la più grande città di tutte, andare da un capo all’altro può richiedere anche un’ora e mezzo o due con i mezzi, a fronte di compensi molto bassi perché siamo nella stessa città. Mentre, invece, aumentano se ci si sposta da un centro all’altro, in questo caso è chiaro che uno può essere indotto a rinunciare per le più svariate ragioni perché non gli conviene”.

La conclusione, per il presidente Antonello Giannelli, è sempre la stessa: “siamo sempre lì, se noi crediamo nella scuola dobbiamo mettere nella scuola più soldi“.

Alessandro Giuliani

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