“L’esame di maturità deve perdere quell’aspetto da giudizio divino- ha dichiarato il ministro Giannini- che tra l’altro lo ha fatto diventare costoso”.
La battutina del “giudizio divino” ci ricorda un po’ certe amenità stile Gelmini, tipo “in Italia ci sono più bidelli che carabinieri”. Ma è buttata lì per mimetizzare la parola chiave di tutto il discorso: “costoso”. Eh sì, siamo sugli 80 milioni di euro all’anno, e sulla spending review il ministro Padoan preme e non transige.
Dunque basta commissari esterni, solo un esame fatto da interni. Una “farsa” è il commento più ricorrente nel web. Perché allora il tandem Renzi-Giannini non ha il coraggio di abolirlo del tutto se vuole risparmiare?
Per qualche anno, l’esame “farsesco” era andato in scena ai tempi della Moratti. Se ne resero conto proprio tutti, anche i vertici politico-ministeriali. Indecoroso. Nel 2007, la parziale marcia indietro con l’allora ministro Fioroni: l’esame tornò, in parte, con i commissari esterni. Ridare “dignità” era la parole d’ordine. L’esame doveva avere almeno l’abito più formale, più serio, trasmettere quel minimo di timore da “esame” appunto. Altro che “giudizio divino”. Lo studente, giunto a fine percorso, doveva dimostrare le proprie capacità e competenze in una prova valutata anche da qualche commissario esterno. Tutto “grigliato” per carità, il più oggettivamente possibile, con punti, crediti, bande di oscillazione, bonus definiti al centesimo. Ma apparentemente un po’ più serio.
Allora, molti temevano che, dietro all’esame-farsa dell’era Moratti, si nascondesse la volontà politica di arrivare in breve all’abolizione del valore legale del titolo di studio. Adesso con la Giannini di Scelta civica si direbbe una certezza, visti i tentativi già fatti dal governo Monti, benché finiti male perché qualcuno –guarda caso- si era sognato di fare una “consultazione” pubblica. Tre italiani su quattro, un paio di anni fa, hanno detto no. Ma anche Matteo Renzi il rottamatore ha sempre considerato “maturo” il tempo di abolire il valore legale del “pezzo di carta”. E, passo dopo passo, ci si arriverà.
Intanto, per sapere qualcosa di certo (una norma insomma e non una boutade) dovremo aspettare gennaio, forse. Le regole cambieranno in corsa. Negli ultimi mesi gli studenti, alacremente seguiti dai propri insegnanti (quelli con stipendio bloccato per anni perché fannulloni, senza merito, e che non si aggiornano mai), dovranno darsi un gran da fare a “presentare un progetto che riguardi tutto l’anno trascorso: un lavoro più teorico per i licei e un prodotto finito per i tecnici”.
A questo punto sarebbe ora di risparmiare anche su quelle che stanno diventando le farse della comunicazione. Non sarebbe meglio andare dritti al nocciolo del problema: esame sì o esame no?
Invece di un nuovo esame-farsa non può bastare una bella certificazione delle competenze acquisite?
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