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Medici, docenti e studenti: la grande fuga dal sud. Entro il 2050 via 5 milioni di giovani

2050 Odissea al Sud. Potremmo scrivere così, parafrasando il titolo del celebre film di Stanley Kubrick. La situazione dei giovani non è dei migliori, ma in base alle statistiche entro il 2050 avranno abbandonato le aree del Sud in 5 milioni.

Perché se ne vanno i giovani? Sono tanti gli studi che analizza la fuga dei ragazzi italiani dalle aree depresse del Mezzogiorno.

Se ne vanno per sfiducia, perché non trovano un lavoro adeguato alle loro
capacità e ai titoli di studio, laurea in testa. Fuggono perché sanno che altrove ci sono altre opportunità. Se negli anni ’90 era un’eccezione, adesso è una regala.

Dietro i 200mila laureati che hanno abbondanato il Sud negli ultimi 10-15 anni, secondo quanto documentato dallo Svimez, c’è il vuoto, non ci sono altrettanto cervelli che possano riempiare gli spazi e di garantire il rapporto formazione-impresa-lavoro.

Il sociologo Adolfo Scotto di Luzio, in un editoriale per Il Mattino, tratteggia, con grande lucidità, il quadro della situazione attuale.

Medici, studenti universitari e, naturalmente, insegnanti sono alcuni dei protagonisti della nuova presenza meridionale nelle città dell’Italia del Centro-Nord.

Dal Sud al Nord, gli italiani si muovono innanzitutto alla ricerca dell’efficienza. La nuova migrazione interna mette così in gioco dimensioni complesse che riguardano l’organizzazione e la qualità dei servizi, la sanità, innanzitutto, il sistema di istruzione, l’aspirazione a veder riconosciuto il proprio talento.

La nuova emigrazione meridionale torna ad essere, proprio com’era dei contadini che abbandonavano il Mezzogiorno più di cento anni fa, un pronunciamento contro la società dalla quale si separano. È letteralmente un voto contro il Sud. Contro la corruzione e l’inettitudine delle sue classi dirigenti, contro le strutture clientelari che reggono i rapporti nella sfera professionale.

Se le migrazioni interne hanno ripreso così intense il loro corso è dunque conseguenza del fatto che il Sud, in questi vent’anni di vita pubblica italiana, è letteralmente scomparso alla coscienza del Paese. Ed è ora di invertire la rotta.

Andrea Carlino

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