Fa discutere l’addio al numero chiuso per l’accesso alle Facoltà universitarie di Medicina, con selezione al termine del primo semestre. L’assenso arrivato il 24 aprile dal Comitato ristretto della Commissione istruzione di Palazzo Madama sulle nuove modalità di accesso ai corsi, con la selezione degli iscritti non più in entrata ma a seguito dell’esito degli esami svolti dopo un primo semestre aperto a tutti, divide gli addetti ai lavori tra favorevoli o contrari.
“Finalmente spariranno quei test d’ingresso dove per entrare alla Facoltà di Medicina si chiede a un ragazzo a che altezza vola la gazza ladra: ora auspico che questo sia il primo passo affinché lo stesso sistema venga adottato per le ammissioni alle scuole di specializzazione”, ha detto Matteo Bassetti, direttore della clinica di Malattie Infettive dell’ospedale San Martino di Genova.
Anche le associazioni di categoria sembrano in disaccordo. La riforma degli accessi a Medicina sul modello francese trova ad esempio il consenso del sindacato Anief: “Andava fatta da tempo”, ha detto il presidente Marcello Pacifico, perchè “da anni in Italia abbiamo davvero pochi medici specializzati, i test risultano ormai inutili e anacronistici. Con questo provvedimento potremo finalmente contrastare l’emigrazione dei nostri giovani in Europa per intraprendere studi medici”.
Il sindacalista vedrebbe di buon occhio l’addio al numero chiuso anche per l’accesso alla professione di docente: “sarebbe bene” introdurre il modello “il prima possibile anche per i docenti che chiedono di specializzarsi sul Sostegno agli alunni disabili e per i candidati a conseguire un’abilitazione all’insegnamento. Perché sono gli esami che fanno un laureato, non i quiz a crocette”, conclude Pacifico.
Di tutt’altro avviso è l’Andu, l’Associazione nazionale docenti universitari, secondo cui “il testo base non prevede affatto l’abolizione del numero chiuso, ma lo mantiene spostandolo da prima dell’ingresso al corso di laurea in Medicina alla fine di un primo semestre universitario”.
“Per potere accedere al secondo semestre del corso di laurea in Medicina – sostiene l’Andu – sarà necessario superare tutte le materie previste nel primo semestre, per potere poi essere collocati in una «graduatoria di merito nazionale”.
Ancora di più perché ogni anno sarà stabilito, si legge nel testo approvato in questo primo step al Senato, «il numero complessivo di iscrizioni al secondo semestre» (ovvero il numero chiuso) «in coerenza con il fabbisogno di professionisti determinato dal SSN».
Inoltre, per gli studenti degli «ultimi tre anni di scuola secondaria» saranno organizzati «percorsi di orientamento e di sviluppo delle vocazioni», la cui frequenza farà anche maturare dei CFU validi per il primo semestre universitario. Inoltre saranno previsti «percorsi di formazione e di preparazione ai corsi di laurea».
Il Testo base è stato «adottato praticamente all’unanimità», ha dichiarato il Presidente della Commissione, che ha anche detto: «L’odioso numero chiuso che abbiamo conosciuto negli ultimi 25 anni non ci sarà più».
L’Andu ora ribatte: “la selezione prevista nel Testo base sarà ancora più odiosa”. E spiega perché. “Si costringono di fatto gli studenti degli ultimi anni delle scuole secondarie a impegnarsi, se possibile più di quanto finora accaduto, in percorsi di formazione e di orientamento che li distrarranno dagli studi scolastici e, per coloro che se lo potranno permettere, li porteranno a spendere per costosi corsi privati di ‘sostegno’”.
Inoltre, continua l’associazione, “si fanno perdere a circa l’80 % degli iscritti al primo semestre universitario sei mesi di vita, impegnandoli nell’inutile impresa di sostenere entro la fine del semestre le materie previste con il massimo di voti possibile (competizione selvaggia) e con probabili spese per frequentare anche corsi privati di ‘sostegno’. A questi studenti sarà impedito di proseguire nel corso di laurea in Medicina non perché risulteranno non meritevoli, ma perché meno meritevoli degli altri. Gli immensi danni provocati agli studenti espulsi sono gli stessi verificatisi per decenni in Francia”.
Poi, sempre per l’Andu, “si rende localistica la selezione che verrà fatta, di fatto, dai singoli atenei attraverso gli esami delle materie previste, con il rischio di arbitrii e favoritismi; localismo che, tra l’altro, darà la stura ai ricorsi”.
E ancora: “si manterrà la corsa alle costose (anche costosissime) università private nazionali e straniere, fenomeno che ha avuto l’effetto collaterale del bosniagate”.
Ma per l’Andu non è finita: “l’ingresso massiccio tutto di un colpo intaserà le università che non avranno tempo di adeguarsi tempestivamente” e si continuerà “a pretendere di potere prevedere 10-11 anni prima (tempo necessario per formare un medico) quanti medici saranno necessari al SSN: quali saranno allora i bisogni dei cittadini? Quale sarà la medicina di allora? Quanti saranno i medici che andranno nel privato o all’estero?”.
Infine, denuncia l’associazione accademica, “si continua a credere che si possa ‘intercettare’ con test o altra modalità selettiva la “propensione”, l’“attitudine”, la “vocazione”, la “reale motivazione” di un 18-19 enne a diventare un buon medico 11 anni dopo, quando è noto a tutti che questa verifica è possibile solo attraverso l’intero percorso formativo (laurea e specializzazione)”.
L’Andu ritiene che “pur di non ricorrere al sorteggio si aggrava a dismisura il percorso selettivo”: invece, il sorteggio sarebbe “un sistema semplice, immediato, non costoso e inattaccabile dai ricorsi, a differenza di quanto accaduto per i vari tipi di test utilizzati per sbarrare l’ingresso”. Mentre il numero chiuso, sostiene l’associazione “è incostituzionale, rappresenta un’inutile violenza contro i giovani e ha prodotto, come in Francia, una gravissima carenza di medici”.
Questa idea è condivisa anche dal senatore Andrea Crisanti, del Pd, che a un quotidiano ha dichiarato: “L’unica forma trasparente di selezione è un test nazionale sulle materie studiate nel primo semestre”.
Per la senatrice Domenica Castellone, medico del M5s e componente della Commissione di Palazzo Madama che ha valutato il testo, si sarebbero potute “integrare le modalità di accesso al secondo semestre con la previsione di un test di valutazione”.
Peccato che la legge su cui il Senato sta lavorando stia andando da tutt’altra parte.
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