Nel panel “Competenze, talenti e partecipazione al lavoro”, promosso al Meeting di Rimini, è venuta fuori una immagina particolare dei desiderata dei giovani relativamente al lavoro. A cosa aspirano?
Un salario “corretto” e “rispettoso” delle mansioni svolte, maggiore flessibilità di impegni e di orari, tanta formazione per rimanere al passo con i tempi che cambiano, un aiuto per affrontare le sfide della vita come l’arrivo di un figlio.
Ma non è sempre stato così, dicono i ricercatori: “C’è stato il momento in cui la sicurezza del lavoro era importante oggi lo è meno; c’è stato il momento in cui era importante equilibrio tra vita privata e lavorativa; poi il momento in cui erano importanti soldi e carriera; oggi c’è qualcosa di diverso: le persone giovani cercano un equilibrio soddisfacente tra lavoro e vita privata. La prima domanda del candidato giovane è di conoscere la politica dello smart working dell’azienda”.
Ma non solo, i giovani chiedono di dare loro una “formazione di qualità” perché hanno capito che quello che loro sanno oggi, probabilmente non sarà valido tra qualche anno.
Un grave problema rimane tuttavia in Italia, quello legato all’inverno demografico: “dal 2023 al 2027 si stima che l’Italia avrà bisogno di 3,8 milioni nuovi lavoratori, di cui 2,7 in sostituzione di quelli che cesseranno. L’aspetto demografico non si risolve con azioni congiunturali”.
Ciò significa che occorrono “risposte flessibili” e “capacità di dinamiche di aggiustamento delle competenze”. Per questo “credo che sia antistorico presentare un modello legislativo sul salario minimo”.
Secondo il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra “Il lavoratore cerca oggi tre cose in azienda: dignità, benessere e protagonismo. La dignità di un salario adeguato e di un riconoscimento reale concreto, anche economico, dell’apporto della persona ai risultati dell’azienda. Il benessere di un ecosistema sicuro, di una formazione continua e di qualità, di un welfare negoziato che lo accompagni anche fuori dal posto di lavoro, di flessibilità organizzative capaci di coniugare meglio genitorialità, tempo libero, e lavoro. E poi, il protagonismo di chi non è solo un ingranaggio e dunque ambisce a strumenti di partecipazione attiva e creativa, alla vita, agli utili, alle decisioni dell’impresa. Questo è il sentiero tracciato nella nostra proposta di legge sulla partecipazione su cui chiamiamo governo, imprese, forze politiche a convergere responsabilmente in un ampio e costruttivo fronte per un cambiamento equo. Abbiamo bisogno della più grande campagna di ‘emancipazione’ del lavoro, che richiede lo sblocco di massicci investimenti pubblici e privati per innalzare qualità e quantità dell’occupazione”.