Laurearsi con 110 e lode a 28 anni non serve a un fico, meglio farlo a 21 ma con un 97. Così, come è noto, la pensa il ministro del lavoro Poletti, benchè, checché se ne dica, una laurea conquistata con ottimi voti porta comunque al successo lavorativo, come sembrano dimostrare i dati Almalaurea, secondo cui, indipendentemente dall’età, il tasso di disoccupazione si dimezza se si possiede un titolo di studio elevato.
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Ma al di là delle dichiarazioni di Poletti, che non si è mai laureato, l’Italia è ancora ultima per quota di laureati, su 100 giovani tra i 24 e i 34 anni i laureati costituiscono il 22% (la media europea a 21 Paesi è del 37%, quella Ocse del 39%), e dove il 28% dei manager ha completato al massimo la scuola dell’obbligo.
In realtà, spulciando i dati, precisa Il Sole 24 Ore, ci si rende conto che l’età media dei nostri laureati è 26,4 anni, che scende a 25,3 per i laureati di primo livello e sale a 26,9 per i magistrali a ciclo unico e 27,7 per i magistrati biennali: ma il motivo, come riferisce Almalaurea, è che la maggior parte degli studenti si iscrive almeno con due anni di ritardo rispetto all’età canonica. Così su cento laureati, solo 45 finiscono l’università in corso: il 25% la finisce dopo un anno, l’11,4% dopo due, e così via, fino all’8,6% che la termina addirittura dopo 5 anni e oltre. E neanche nei voti i nostri brillano: 102, 2 il voto medio, che scende a 99,4 per il primo livello e sale per le materie letterarie (106,7).