Introdotti dalla destra nell’anno scolastico 2008/2009, nell’epoca Gelmini, tolti dalla sinistra in epoca Azzolina, i voti nella scuola primaria ritornano nei programmi della destra.
La normativa del 2020 “ha infatti individuato un impianto valutativo che supera il voto numerico e introduce il giudizio descrittivo per ciascuna delle discipline previste dalle Indicazioni nazionali per il curricolo, Educazione civica compresa. Un cambiamento che ha lo scopo di far sì che la valutazione degli alunni sia sempre più trasparente e coerente con il percorso di apprendimento di ciascuno”.
Ora la destra riparte dai voti numerici, ma con cui si dimostra che la scuola è luogo di scontro ideologico e non di incontro per farne un comune istituto di crescita culturale e sociale dei giovani. La cosiddetta casa comune dentro la quale tutto il paese si dovrebbe ritrovare con l’obiettivo di indicare un futuro certo ai giovani. E invece da noi continua la politica della spada di Brenno anche sulla scuola che diventa cosa propria a seconda di chi ha potere. Una sorta di campo di battaglia sempre in agitazione e sempre in allerta. Una bilancia squilibrata sempre dal peso della ideologia di chi comanda.
Dice Meloni: “Penso che serva reintrodurre i voti nella scuola primaria e valorizzare l’esame di maturità, cioè credo nel valore anche del giudizio. Penso che serva più sport per tutti, credo sia un grande volano per corretti stili di vita. Fino a ieri eravamo tutti d’accordo”.
“Io credo che in Italia serva un sistema serissimo di borse di studio che consenta agli studenti di studiare dove vogliono studiare, di avere le stesse opportunità che hanno tutti anche se hanno condizioni di partenza più svantaggiate”.
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