Chi parla di troppi alunni concentrati in una classe fa un ragionamento semplicistico: il vero problema è quello della denatalità, che comporta difficoltà sempre maggiori per la formazione di prime classi, soprattutto nei centri più piccoli e isolati. L’ha detto il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, intervistato da Skytg24, parlando del tema della riapertura delle scuole a settembre.
Il titolare del Mi ha tenuto a dire che ritiene “il termine classi pollaio offensivo un po’ per tutti e comunque il tema riguarda una parte importante, ma definita delle nostre classi”.
Il vero problema è quello della “difficoltà in alcuni Paesi a fare le prime perchè non abbiamo più i bambini, abbiamo il dramma del calo demografico e se in un Paese di montagna, ad esempio, non c’è più la scuola poi le famiglie se ne vanno. Qui noi stiamo intervenendo in maniera chirurgica”, ha detto Bianchi.
Da un po’ di tempo, in effetti, si perdono rispetto all’anno scolastico precedente tra le 60 mila e le 75 mila iscrizioni, considerando gli studenti in uscita e quelli neo iscritti.
Sulla pandemia Bianchi ha detto che “ha ragione Draghi: non diciamo che la pandemia è finita, è troppo presto, abbiamo visto che in altri Paesi ci sono state varianti, ci vuole cautela, cautela per la tutela dei nostri ragazzi”.
Già la mattina, poche ore prima, mentre era in visita presso una scuola di Firenze, ai cronisti che gli chiedevano se, in previsione del rientro in aula a settembre, fosse preoccupato dal proliferare delle varianti Covid, il ministro aveva detto che “ci sta lavorando il Cts. Noi faremo una gestione assolutamente cauta, prendendo in considerazione che ci possano essere questi rischi. Bisogna essere molto cauti, bisogna esserlo tutti”.
Il ministro dell’Istruzione ha anche voluto rispondere a chi dice che a settembre si ripartirà nelle stesse condizioni dell’inizio dell’anno scolastico 2020/21: per quanto riguarda i trasporti, dice Bianchi, “abbiamo lavorato moltissimo per mettere in sicurezza le scuole e lo faremo”.
Poi il ministro ammette che i docenti e Ata Covid non sono un’invenzione dei sindacati, ma una necessità derivante dall’emergenza pandemica ancora da superare.
“Abbiamo bisogno di personale aggiuntivo, però – ha aggiunto – abbiamo anche il problema di che cosa viene prima e che cosa viene dopo, per questo lavoriamo moltissimo con enti locali, province, regioni e voglio ringraziare anche i prefetti. Non io ma migliaia di persone stanno lavorando con questi obiettivi”.
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