Scuola e intelligenza artificiale, l’una sostituirà l’altra? Cosa faranno i docenti del futuro? ChatGpt è buona solo per copiare o può essere sfruttata in altri modi? Questi sono gli interrogativi più comuni a proposito di questa problematica.
Hadi Partovi, fondatore della no profit Code.org che spinge l’educazione all’informatica nel mondo, è stato intervistato da La Repubblica, parlando del rapporto tra tecnologie e didattica. Le sue affermazioni faranno sicuramente storcere il naso a molti docenti.
“Meno latino e più intelligenza artificiale nelle scuole, o nessun ragazzo troverà lavoro”, queste le sue parole rivolte proprio al mondo della scuola italiana. “Quando parliamo di intelligenza artificiale nell’educazione il rischio più grande è non fare niente. Se non cambiamo l’educazione prepareremo studenti che non saranno in grado di trovare lavoro, perché non impareranno le competenze di cui hanno bisogno. Oppure quelle competenze finiranno per impararle fuori dalla scuola, dove avranno la loro reale educazione”, ha detto.
“Tante delle cose che i ragazzi imparano a scuola possono essere fatte dall’Intelligenza artificiale. Appena ChatGpt è uscita l’ho mostrata a mia figlia. La prima domanda che mi ha fatto è stata: “Perché devo imparare queste cose se ChatGpt può farle per me?”. Ora, questo non vuol dire che non serve più la scuola, ma la scuola deve cambiare e insegnare come usare l’AI per fare cose. In ogni luogo di lavoro i manager stanno chiedendo ai dipendenti di capire come usare questi nuovi strumenti. Ma nelle scuole dicono: usare l’AI è copiare! Quindi stanno dicendo agli studenti di non imparare la prima cosa che il mondo del lavoro chiede di imparare. Questo è ciò che le sta rendendo superate: le scuole devono evolvere e pensare come imparare con l’AI, come scrivere con l’AI, come programmare con l’AI”. Insomma, secondo l’esperto la scuola dovrebbe modificare il suo approccio.
“Dobbiamo cambiare l’educazione in modo da avere una quantità più piccola di informazioni e lasciare gli studenti usare la tecnologia per specializzarsi in ciò che è la loro passione, invece di obbligare tutti a imparare una grande quantità di tutto, che poi dimenticheranno”, ha aggiunto.
E, a proposito dell’insegnamento delle materie classiche: “Qualcosa di tutto questo è utile? Culturalmente è speciale, è una parte enorme della tradizione nazionale. Ma la quantità di Pil globale che spendiamo in educazione è molto alto e a fronte di questo gli studenti si sentono sempre più distaccati da quello che imparano a scuola. Una delle cose più difficili per gli insegnanti è sentirsi domandare dagli studenti: perché impariamo il latino? Per loro è difficile rispondere. Soprattutto se lo studente viene da una famiglia a basso reddito che ha paura non trovi un impiego e lui sta imparando cose di cui a un datore di lavoro non interessa nulla”. Ma davvero il latino è una disciplina inutile per chi vuole trovare subito lavoro? Bisogna solo studiare ciò che ci permette di trovare un buon impiego? Secondo Partovi sì.
“Parte del motivo per cui le scuole falliscono è che gli studenti non sono motivati, perché non capiscono come ciò che studiano possa aiutarli. E parte della demotivazione viene dal fatto che il loro mondo è quello della tecnologia, ma quando arrivano a scuola gli si dice: niente tecnologia, impariamo il latino. Se invece dicessimo loro ‘impariamo il latino e la tecnologia’, a studiare arte e creare arte, sarebbero più contenti e motivati. Possiamo fare entrambe le cose”, ha aggiunto, cercando di spiegare il motivo per cui molti studenti non si sentono stimolati dai contenuti che vengono loro proposti a scuola.
Su questi argomenti il corso Intelligenza artificiale al servizio dei docenti, a partire dal 1 giugno, a cura di Ivano Stella, in collaborazione con Casco Learning.
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