Sulla questione panino da casa si è creato un clima pesante, questione che si trascina da moltissimi mesi.
Il Miur con una nota dello scorso marzo ha chiarito che, chi vuole, può far portare ai propri figli il pasto da casa.
Ma per alcune scuole le cose non stanno esattamente così, specie nel torinese, dove è in corso una battaglia sul panino portato da casa più volte raccontata da questa testata, che adesso vede uno scontro frontale fra istituti scolastici e genitori: se si porta il pasto da casa la tariffa per l’assistenza agli alunni durante la pausa pranzo è di 1,50, mentre se si usufruisce del servizio mensa la tariffa è 1 euro.
La vicenda, come scrive Il Fatto Quotidiano, è nata alla primaria “Duccio Galimberti”, dove i genitori hanno denunciato per primi l’istituzione di questa sovrattassa: “Si tratta ovviamente di un abuso; l’assistenza gratuita (o meglio, pagata con le tasse) è già garantita dai docenti, già stipendiati dallo Stato”, scrivono sulla loro pagina Facebook.
Anche alla scuola media “Dante Alighieri” si verificano le stesse situazioni: “Una mamma – spiega l’avvocato Giorgio Vecchione che sostiene la lotta dei genitori pro “schiscetta” – ci ha segnalato un modello dove la famiglia doveva scegliere tra l’opzione pasto domestico e quello della refezione scolastica con dei costi per il primo di 240 euro annui per la consumazione settimanale (dal lunedì al venerdì) e di 160 euro annui nel secondo caso”.
La dirigente del Galimberti si giustifica dicendo che i soldi serviranno per pagare le cooperative che si occuperanno dell’assistenza dei bambini che mangeranno il panino da casa.
Ma il legale dei genitori, ricorda la nota Miur dell’ottobre 2016, sulla refezione scolastica: “la sorveglianza e l’assistenza educativa da parte del personale docente verrà garantita a tutti gli allievi secondo le consuete modalità. Differenziare il costo della tariffa di assistenza maggiorando quella dei bambini che portano il pasto da casa, crea un ingiustificato motivo di discrimine tra alunni”, continua Vecchione.
Ma non è finita: in alcuni istituti è stato negato il pasto da casa in attesa di nuovi sopralluoghi dell’Asl, senza fornire previsioni in merito alle tempistiche.
“Questi controlli – spiega il legale del “panino da casa” – sono già stati fatti lo scorso anno, consentendo che si svolgesse regolarmente un uso condiviso del refettorio. Se andavano rivisti ed aggiornati, scuole e Comune, avrebbero dovuto muoversi in tempo utile senza lasciare scuole e famiglie allo sbando”.
La situazione nel torinese resta insostenibile. Nel frattempo, nella giornata del 15 settembre, la dirigente del Galimberti ha convocato un incontro con i genitori proprio per spiegare il senso della tariffa.
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