Dopo la sentenza della Corte d’Appello di Torino, che ha riconosciuto il diritto soggettivo di portare da casa il pasto, sono aumentate le disdette delle mense scolastiche, specie al Nord.
Solo a Torino, riporta La Repubblica, quasi seimila famiglie a hanno disdetto il servizio: i rinunciatari erano poco più di tremila a settembre, sono saliti nel secondo quadrimestre a 5.841 su un totale di oltre 30 mila.
Lentamente, negli ultimi mesi, anche in altre città sono aumentati i pasti portati da casa, preparati dalla mamma, come Milano, Genova, Bologna, Napoli, Venezia.
“Il servizio mensa è essenziale, un momento centrale per la didattica”, ribadisce la ministra Valeria Fedeli, che porta avanti le posizioni in merito del Ministero dell’Istruzione, che preme sull’aspetto didattico ed educativo della mensa, del mangiare insieme.
Alla base dell’abbandono progressivo della mensa scolastica c’è senza dubbio la scarsa qualità dei cibi serviti agli alunni e talvolta anche il prezzo, giudicato elevato da molte famiglie.
A Torino, ad esempio, dove la fascia alta paga 7 euro a pasto, è iniziato così il declino della mensa, riporta ancora La Republica. Poi si è trasformata, con la sentenza d’Appello, in una questione di principio. “Ed è questo che ci preoccupa: si mette in crisi un sistema educativo, una scuola dell’inclusione – dichiara Lorenza Patriarca, preside dell’istituto Tommaseo di Torino – Dietro c’è l’idea che lo Stato non possa decidere per me, un po’ come per i vaccini”.
Di altro avviso Giorgio Vecchione, l’avvocato del panino libero: “Il servizio si è messo in crisi da solo in quanto pessimo e caro”.
“I genitori dovrebbero piuttosto fare la battaglia per ottenere qualità, perché le amministrazioni su questo hanno responsabilità”, osserva Pino Boero, assessore alla scuola a Genova.
Sempre il capoluogo torinese, dove si registrano le disdette più elevate nonché le proteste più chiassose, registra dati specifici sugli abbandoni mensa scolastica: più di un terzo dei rinunciatari appartiene alle fasce di reddito più basse: 2.089 famiglie hanno un Isee inferiore ai 15mila euro, ciò vuol dire che sono le famiglie con situazioni economiche più delicate che decidono di tagliare le spese giudicate in questo momento “superflue”, a maggior ragione se la qualità del cibo è scarsa, non vale la pena continuare a pagare.
Insomma, meglio il panino da casa, costa meno ed è più sano.
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