459.474 è il numero complessivo dei ragazzi coinvolti negli esami di stato di quest’anno, di cui 52.764 del liceo classico, 111.793 dello scientifico, 3.638 del linguistico, 37.845 del liceo psicopedagogico, 158.438 degli istituti tecnici, 76.882 del professionale, 18.114 dell’istruzione artistica. A questi numeri vanno aggiunti i privatisti, ma bisogna togliere i possibili non ammessi agli esami la cui percentuale complessiva è stimata attorno al 5% con punte massime però che riguardano gli istituti tecnici e professionali, meno i licei.
A parte i costi a ciascuna famiglia, stimati intorno ai 600 euro, allo Stato invece l’esame conclusivo costerebbe dai 65 agli 80 milioni di euro, anche se la spesa in parte sarebbe coperta dai contributi pagati dai ragazzi a fine anno. Studenti.it ha calcolato la somma moltiplicando il numero di commissari per il costo di ogni commissario, mentre le tasse a carico dei maturandi, calcolate moltiplicando per ogni candidato l’ammontare della tassa d’esame e della tassa di diploma, coprono solo parzialmente la spesa, fruttando circa 13 milioni di euro.
Se dai numeri però si passa alla ritualità dell’evento, come ogni anno dai giornali si legge: impazza il tototema, strumenti hi-tec per copiare, pronte le cartuccere, come sfruttare i secchioni e così via, mentre sotteso ad ogni intervento sboccia l’ammiccamento alla scopiazzatura, la comprensione assolvente alla trasgressione, il compiacimento consensuale alla furbizia, scordando del tutto che se per un verso si tratta del furto sfacciato dei sacrifici altrui, dall’altro l’ingegno del singolo non viene calcolato secondo il legittimo merito individuale.
Ma non si tiene conto neanche della funzione “giudicante” di ogni singolo commissario in seduta d’esame, che proprio in commissione, così come nei tribunali, indossa la toga del giudice e dal cui giudizio dipende il futuro di ciascun candidato. E se il giudice più rigoroso di ogni singola interrogazione è stato sempre l’alunno, a maggior ragione in seduta d’esame il più attento e severo è proprio il compagno di banco che scruta più del docente il suo sapere. Parte del discredito allora verso la classe docente forse deriva pure dalla superficialità con cui taluni professori fanno il loro dovere, in sintonia probabilmente con chi cerca la copia da copiare, l’aiuto esterno, l’intervento salvatore, e non solo per superare l’esame, ma anche per raggiungere buoni voti in una spirale dentro la quale è sempre il più fesso a perdere e non il meno capace, come invece la legge nelle sue grandi teorie vorrebbe. Idealità e concetto, quello del fesso-secchione, che poi diventa viatico e modello per giustificare le corruzioni e l’infrazione della legge, mentre in Germania la ministra dell’istruzione del governo di Mekel si è dimessa perché nella sua tesi di laurea ha copiato alcuni passi di un libro che non ha citato nella bibliografia.
La scuola se per un verso è palestra di vita, è pure specchio della società, e se con indulgenza si giustificano le evasioni fiscali e le corruttele, che serpeggiano ingrassandosi, in egual misura si continua a legittimare, con esagerata scrollata di spalla, il furto dell’ingegno altrui e dell’altrui sacrificio. Ma fino a quando potrà durare?
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