Merito, comunità di apprendimento e autonomia scolastica

È possibile che il “bonus” costituisca una l’occasione di una sfida culturale e professionale di ciascuno nella propria comunità e della singola comunità scolastica?

A tal fine si rende necessario un approccio integrale al processo di miglioramento e alla valorizzazione delle risorse professionali (riconoscimento del merito) che superi così dinamiche competitive e contrapposizioni, che incidono negativamente nelle relazioni informali, sul clima dell’ambiente di lavoro e sulle dinamiche educative.

Il livello delle dinamiche informali, spesso trascurato nel governo della scuola, è talmente importante da essere straordinariamente influente sia sulle relazioni sia sul piano formale (consigli di classe, collegi, progetti) e sulla qualità dei processi e degli esiti degli stessi.

In tal senso assume estremo valore una visione che valorizzi nella scuola la dimensione della Learning Community, che riconoscendo l’importanza dei livelli impliciti ed informali delle dinamiche relazionali, valorizzi sentendo a sé affidati tutti gli attori: innanzitutto gli alunni, ma anche il personale scolastico e le famiglie.

Di qui avvertire la responsabilità di riconoscere rispettare e valorizzare per ciascun attore la biografia, lo stile relazionale ed educativo, la fatica che un indispensabile lavoro su se stessi implica e che deve essere sostenuto da un afflato comunitario: da un raccontarsi e un viversi al di là del ruolo e delle performance che, per essere realmente efficaci, devono essere professionali e umane.

Concepire la scuola come “comunità di apprendimento” offre la possibilità di osservare i diversi attori, docenti personale e famiglie, come soggetti in apprendimento che si interrogano sul senso del loro operare e che, opportunamente organizzati, predispongono efficaci percorsi di apprendimento, di ricerca e azioni di miglioramento.

La sfida si incentra, pertanto, su un cambio di mentalità e sul passaggio da un paradigma culturale esecutivo, centrato su compiti certi e definiti in una catena di comando di tipo verticistico in un orizzonte statico e prevedibile, ad un paradigma più “incerto” che valorizzi intelligenza creatività e interazioni dei diversi attori.

Nonostante la legge sull’autonomia scolastica con tutte le innovazioni che comporta risalga a più decenni orsono, i mutamenti culturali conseguenti nel cambio di mentalità, di stile di relazione, di abitudini e di modi di operare, stentano spesso a realizzarsi pienamente: non è semplice passare da un modello culturale di tipo esecutivo basato su compiti ad un modello “turbolent environment”, incerto in cui ruoli e compiti, non dati una volta per tutti e per sempre, vanno continuamente rivisitati per rispondere alla realtà, ai suoi mutamenti e alle sue sfide.

Si pongono al centro della riflessione concetti guida come flessibilità, cambiamento e miglioramento, finalizzati all’attivazione di processi orientati da responsabilità e discrezionalità, che in una visione sistemica della scuola anche come “spazio culturale aperto” alla comunità locale devono continuamente fare riferimento alle famiglie, al volontariato e all’associazionismo alle professioni e ai diversi attori e istituzioni con cui la scuola interagisce, e che diventano co-protagonsti del miglioramento.

Tale visione, che implica un accentuato dinamismo culturale dell’istituzione scolastica attento alla percezione e alla promozione del cambiamento, richiede nello staff di direzione professionalità con evolute competenze sia relazionali e organizzative sia tecnico didattiche, per garantire la tenuta del sistema e l’efficacia dei processi.

Elemento chiave diventa la capacità di “mettersi e rimettersi in gioco” per affrontare le diverse e continue sfide che la realtà propone: facendo emergere e sostenendo in ciascun attore e nel sistema stesso disponibilità a riconfigurarsi rispetto alle sfide continue, percezione delle proprie criticità, attivazione di un processo di superamento delle stesse finalizzato alla ricerca di equilibri più evoluti ed orientati ad una maggiore sintonia con le dinamiche del contesto in cui si opera.

In tale orizzonte il riconoscimento del merito non è più una scelta drammatica di decidere chi e come premiare: bensì una valorizzazione di profili professionali che esprimono lealmente il dinamismo culturale nella e della “comunità di apprendimento”. Una strada non improvvisabile, il cui realismo ed efficacia stanno nella coerenza al proprio percorso di autovalutazione e di miglioramento. In assenza di una tale impostazione l’orientamento prevalente e prudenziale di molti dirigenti si attesterà nel premiare chi documenta il maggior numero di performance. E in assenza di dispositivi capaci di cogliere qualità, dinamismo e miglioramento l’approccio al bonus sarà di tipo prevalentemente quantitativo.

Invece, approfondire la sfida dell’autonomia scolastica, di cui la 107 rappresenta un ultimo importante tassello, dovrebbe sollecitare sia un dinamismo degli attori dell’istituzione al fine di rilevare e di promuovere forme più avanzate di performance per migliorare la scuola, sia un atteggiamento pionieristico che sostenga performance di qualità spesso non ancora perfettamente documentabili con certezze di evidenze formali, ma chiaramente percepite informalmente a livello di vissuto.

In molte scuole si ricorre a utilizzare procedure di customer satisfaction che rilevando il grado di apprezzamento compenserebbero “qualitativamente” la precedente impostazione quantitativa.

Comunque l’accurata analisi delle diverse esperienze condotte quest’anno-pilota potrebbe individuare equilibrate soluzioni per il futuro.

La sfida attuale delle “learning community” scolastiche, da noi parzialmente percepite attraverso il processo di riforma, dal RAV al PdM al Bonus, attraversano in realtà i sistemi scolastici a livello internazionale. Come documentato dall’ampia produzione di uno degli esperti maggiormente apprezzati come studioso e consulente di diversi governi, Michael Fullan che tra i fattori chiave del miglioramento e dei sistemi di leadership si sofferma non a caso sul ruolo centrale del dirigente scolastico descritto come

  • Leader learning: leader educativo che orienta i processi di apprendimento e le condizioni per tutti di imparare in un’ottica di “learning community”

  • System player: capace di operare in una rete di apprendimento con altre scuole interagendo con la comunità locale e col sistema statale, non inteso come “deus ex machina” ma come centro organizzatore e diffusore di buone pratiche, che nascono dal basso

  • Agent of change: che mobilita le persone, motivandole attraverso interazioni formali ed informali, e guida l’organizzazione attraverso sfide difficili.

Elemento centrale dei diversi ruoli del dirigente scolastico è l’essere capace di proporre e attivare reali “pratiche e stili di relazione collaborative”, creando comunità di apprendimento (learning community), che valorizzino competenze e conoscenze del personale, che promuovano autentiche innovazioni organizzative, investendo sulle dinamiche relazionali e su quel livello profondo informale “tacito”, che finisce per essere determinante nella configurazione delle coscienze e del sentire e senza il quale innovazione e miglioramento sarebbero solo vuote apparenze.

Pertanto l’attuale sfida della valorizzazione e del riconoscimento del merito può e deve costituire, se si vuole con coraggio attivare e sostenere efficaci processi di miglioramento, un passaggio nodale che consenta ai diversi attori delle singole scuole, a partire dai dirigenti e dagli staff di collaboratori, di mettersi in gioco sia personalmente che come comunità nel suo insieme.

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