La posizione dei 5 sindacati del comparto su bonus per il merito e comitati di valutazione è contenuta ora in 5 pagine fitte fitte che le organizzazioni del comparto (Flc-Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda) hanno inviato alle proprie strutture periferiche e alle proprie RSU.
Il documento parla chiaro: secondo i sindacati il fondo per il merito deve essere inserito fra le somme soggette alla contrattazione di istituto.
La tesi sindacale è che la stessa legge 107, al comma 128, chiarisce che il bonus “ha natura di retribuzione accessoria”; e, siccome secondo le norme generali contenute nel TU 165/2001 ogni compenso accessorio è soggetto a contrattazione, ne consegue che anche questa somma deve essere conteggiata fra quelle disponibili per il contratto di istituto.
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Ma la tesi sindacale appare piuttosto debole dal momento che già dal 2009 la legge 15 ha stabilito che in materia di rapporto di lavoro le disposizioni contenute nelle leggi prevalgono sui contratti nazionali a meno che non siano le stesse norme a rinviare alla contrattazione. Ora, su questo la legge 107 è chiara e individua una ben precisa modalità di attribuzione del bonus modificando di fatto, seppure in modo implicito, le regole del TU 165/2001.
Un altro punto del documento che assume notevole interesse è quello che riguarda le condizioni di legittimità delle decisioni assunte dal Comitato di valutazione: non è scritto in modo esplicito ma è evidente che i sindacati del comparto sono arrivati alla conclusione che il comitato debba essere considerato un “collegio perfetto” (d’altronde è questa la posizione che hanno espresso nel corso dell’incontro svoltosi al Ministero nella mattinata del 24 febbraio), tanto da “consigliare” ai docenti di abbandonare le sedute del comitato ove questo si rendesse necessario. Posizione e suggerimento del tutto comprensibile, ma c’è da chiedersi per quale motivo, fino a questo momento, gli stessi sindacati abbiano di fatto “spinto” i propri iscritti più attivi nelle scuole ad entrare a far parte dei comitati.
Assai “curiosa” appare poi una lunga parte del documento nella quale i dirigenti scolastici vengono classificati in due categorie: “dirigenti che rifiutano qualsiasi ipotesi di dialogo” e “dirigenti incerti o parzialmente disponibili”: con quelli appartenenti a questa seconda categoria (potrebbe trattarsi proprio dei ds iscritti ai sindacati del comparto) si suggerisce di “usare la massima pazienza” e di “aiutarli verso una soluzione di condivisione”.
Come si può facilmente intuire, se il documento sindacale verrà preso alla lettera e se diventerà il “breviario” delle RSU, molte scuole potrebbero ben presto trasformarsi in veri e propri campi di battaglia.
Ma c’è anche il rischio che in periferia il documento sindacale passi del tutto inosservato e non venga neppure preso in considerazione.
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