L’imperativo categorico che ci giunge dall’Europa, a cui noi italiani siamo acquiescenti e sottomessi , è quello di ridurre di un anno il percorso scolastico degli studenti italiani e di diversificare la carriera dei docenti, la cui progressione deve essere meglio correlata al merito e alle competenze. È da un ventennio che in Italia si sta ragionando in chiave di riordino dei cicli scolastici e di meritocrazia degli insegnanti, tanta acqua è passata sotto i ponti e tanti ministri di varie idealità politiche si sono succeduti, ma il problema, se pur affrontato in più di un’occasione, non è mai stato risolto e si ripropone sempre. Ci hanno provato Berlinguer, De Mauro, Moratti, Fioroni, Gelmini, Profumo, Carrozza, Giannini, tutti con scarsi risultati.
L’opinione diffusa è che si vuole riformare la scuola, non per fare una scuola migliore, ma piuttosto per costituire una scuola che costi meno alle casse dello Stato. In buona sostanza non si tratta di riforme di carattere pedagogico e didattico, ma di un mero riordino del sistema scolastico al fine di alleggerire di qualche miliardo di euro capitoli di spesa strutturali, al fine di risanare il debito pubblico. Anche la prossima riforma sulla scuola, messa in cantiere dal governo Renzi, ha una matrice ben definita. Tale matrice è il risparmio della spesa pubblica e non altro. La domanda che in molti si pongono è la seguente: “L’introduzione del merito, attraverso la diversificazione della carriera degli insegnanti, è il paravento per aumentare i carichi di lavoro a stipendio pressoché invariato?”.
Se si calcolasse l’abolizione definitiva degli scatti di anzianità, la forte riduzione del fondo d’istituto e l’incidenza economica della soppressione dell’ultimo anno di scuole secondarie di secondo grado, l’aumento dei carichi di lavoro e dell’orario di servizio verrebbe retribuito a costo zero, anzi con un netto guadagno per i conti pubblici. Tra il taglio di un anno di scuole secondarie di secondo grado, l’abolizione degli scatti di anzianità anche se restituissero quanto è stato tagliato in questi ultimi anni dai fondi per il miglioramento dell’offerta formativa, la scuola perderebbe dal suo bilancio sempre qualche miliardo di euro. Quindi è del tutto evidente che la riforma che il governo Renzi e il ministro Giannini stanno apprestandosi a fare è finalizzata a fare cassa, tagliando il tempo scuola ed aumentando l’orario di servizio di lavoro soltanto ad alcuni insegnanti.
È evidente che alla fine dei conti una buona parte degli insegnanti, anche di più della metà, pagheranno salatamente la salita in cattedra di una meritocrazia di comodo. Siamo alle solite! Abbiamo conosciuto la stagione dei docenti fannulloni e ci sono piombate addosso leggi punitive e restrittive come il decreto Brunetta e la pessima riforma Gelmini, abbiamo superato quasi indenni la stagione degli insegnanti che lavorano solo per 18 ore alla settimana e che sono corporativi, e stavano aumentando l’orario di servizio a 24 ore settimanali a parità di stipendio, adesso ci parlano di merito degli insegnanti, per cui verrà ridotto di un anno il percorso di studi liceale e diversificata la carriera degli insegnanti. Mentre la lotta ai fannulloni ha colpito tutti indistintamente, lasciando indifferenti proprio i fannulloni, così potrebbe essere per la salita in cattedra del merito dei docenti, dove a salirci potrebbero essere tutti tranne i veri meritevoli. Non vuole essere catastrofismo, ma spesso così succede ,quando a voler fare una riforma si pensa al risparmio della spesa pubblica, piuttosto che alle risorse aggiuntive da investire. Le riforme senza risorse economiche adeguate servono a risparmiare e non ad ottenere risultati migliorativi. Spiace dirlo ma purtroppo è proprio così!