Il Sole 24 Ore riporta un suo articolo con le due priorità che lo studioso americano vede nella scuola italiana.
La prima sarebbe il merito tra gli studenti, ma ancor più tra gli insegnanti. “Una valutazione dei docenti oggettiva e trasparente, e non gestita sostanzialmente dai sindacati, consentirebbe di premiare i bravi e ridimensionare i meno bravi. E le retribuzioni dovrebbero rifletterne in modo diretto i risultati. La valutazione dovrebbe anche tenere conto degli studenti, in un certo senso i clienti del sistema scuola, misurandone la performance e la crescita sotto la guida di un determinato insegnante. E anche chiedendo la loro opinione sulla qualità dell’insegnamento. A Singapore la valutazione di un docente è influenzata anche dai voti e dallo sviluppo della personalità dei suoi studenti. Gli insegnanti migliori ricevono un bonus pari a tre mesi di stipendio, i più “deboli” devono intraprendere un percorso di mentoring svolto dai colleghi più esperti”.
La seconda priorità, per l’esperto Usa, sarebbero le competenze specifiche, “soprattutto inglese, materie scientifiche, formazione professionale, informatica. L’intenzione del governo di assumere 150mila precari può essere utile sul piano dell’occupazione e del consenso ma, oltre a pesare sul bilancio pubblico, non risponde alle reali necessità della scuola. Le loro competenze riflettono le esigenze della scuola del passato, non di quella del futuro”, perché “offrono molto francese e molta steno-dattilografia, mentre la scuola domanda soprattutto inglese e informatica. E l’età media dei precari, superiore a 40 anni, non facilita la loro riconversione”.
La scuola è una priorità, “ma non va confusa con l’emergenza lavoro. Perché, allora, non limitare le assunzioni alle competenze effettivamente necessarie? Se il timore sono i ricorsi al Tar degli esclusi, si potrebbero regolarizzare i precari già utilizzati nelle supplenze, cioè nelle materie per le quali esiste una reale domanda, oppure fare concorsi mirati. Con le scarse risorse disponibili bisogna acquisire le competenze necessarie alla scuola di oggi (non a quella di ieri)”.
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