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Metodo Montessori: nella secondaria di primo grado lo si sperimenta in 25 scuole italiane

Il “metodo Montessori”, nato più di un secolo fa per opera di una delle più note scienziate italiane del ‘900, si è affermato in Italia soprattutto nella scuola dell’infanzia e nella primaria.
Per insegnare in una scuola Montessori è necessario svolgere un apposito percorso formativo.
Di questo si occupa l’Opera Nazionale Montessori, fondata nel 1924.

Nell’infanzia e nella primaria il metodo mira soprattutto valorizzare l’autonomia e l’individualità di ciascun alunno, senza per questo trascurare gli aspetti legati alla socialità.

Da qualche anno ci sono in Italia almeno 25 istituzioni scolastiche di tutta Italia che si sono riunite in una rete nazionale per sperimentare il metodo Montessori nelle classi della secondaria di primo grado.

Lo scopo della sperimentazione è quello di portare ad ordinamento le classi Montessori in tutta la scuola del primo ciclo (ad oggi questo accade invece solo per la primaria).
Questa soluzione avrebbe come risultato quello di avere un organico specifico al quale potrebbero accedere solamente i docenti con una specifica formazione.
La rete è coordinata a livello nazionale dalla dirigente dell’Istituto Comprensivo milanese “Riccardo Massa”, Milena Piscozzo.

Nell’intervista che vi proponiamo, Milena Piscozzo mette bene in evidenza i motivi che rendono ormai indispensabile estendere il metodo Montessori anche alla secondaria di primo grado, cosa che peraltro avviene già in molti Paesi europei.
Il metodo – spiega Piscozzo – consente pratiche di autoeducazione che garantiscono il lavoro autonomo di bambini e ragazzi che acquisiscono in tal modo la capacità di muoversi liberamente nell’ambiente e di fare proprie direttamente le conoscenze, in base alle proprie esperienze, gestendo i propri spazi, i propri tempi di vita e di azione.
Un metodo, insomma, basato su una pratica reale e quotidiana della responsabilità, della libertà e della condivisione.
Le classi Montessori, cioè, sono anche uno spazio per praticare concretamente la democrazia, il confronto e, in definitiva, l’inclusione.

Reginaldo Palermo

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