Su come gestire la scuola in questa fase di emergenza Coronavirus, l’Europa si dimostra tutt’altro che unita. Mentre in Italia si susseguono le ipotesi e al ministero dell’Istruzione si prende altro tempo – organizzando un tavolo di esperti che lavoreranno a fianco del Governo per stabilire i passi da fare e costruire un piano dettagliato – in diversi Paesi del vecchio Continente si rompono gli indugi.
A dire il vero, c’è anche chi, come l’Islanda e la Svezia, dove la scuola dell’infanzia e primaria non si sono mai fermate.
In Danimarca, le classi hanno già riaperto: il 15 aprile sono tornati ad offrire i loro servizi gli asili nido le scuole elementari.
La decisione non ha certo trovato il consenso popolare. “Non possiamo nasconderci a casa per il prossimo anno e mezzo con i nostri figli”, è il mood dei danesi riassunto dal principale quotidiano locale, il Jyllands-Posten.
Poi ci sono 18 mila genitori, preoccupati dal rischio di contagio, che hanno sottoscritto una petizione per chiedere di tenere chiuse le scuole, mentre in molti già hanno detto di non mandare i figli alle lezioni in presenza.
Diversi altri Paesi hanno fissato la data del rientro: la prossima sarà la Norvegia che riaprirà gli asili nido il 20 aprile e parte delle scuole il 27 aprile.
I primi a rientrare a maggio saranno gli alunni tedeschi: in Germania si ricomincerà progressivamente, a partire dal 4 maggio. A deciderlo è stata la conferenza fra Stato e Laender. A riprendere le lezioni saranno in prima battuta i ragazzi delle scuole superiori, che devono affrontare gli esami di fine anno, e gli alunni delle classi di fine ciclo delle elementari.
In Germania, le lezioni riprenderanno “in condizioni di igiene particolari” e nel rispetto di “misure protettive”: si “dovranno rispettare le distanze” anche prevedendo “lezioni per gruppi di scolari”.
Pure il Lussemburgo vuole riaprire gli asili e le scuole il 4 maggio. Seguirà la Grecia, che ha indicato il 10 del mese prossimo, poi toccherà all’Estonia che ha indicato il 15 maggio.
In quei giorni toccherà anche alla Francia, dove le scuole riprenderanno dall’11 maggio. La decisione di Emmanuel Macron è stata molto criticata. E non torto, se solo si pensa che il Covid-19 è arrivato in Francia dopo che in Italia: anche dal dottor Patrick Bouet, presidente del Consiglio nazionale dell’ordine dei medici francesi, per il quale “non ci sono spiegazioni mediche” per quel ritorno in classe così repentino.
l presidente dell’ordine dei medici non ha dubbi: proprio perché i giovani sono “vettori potenziali” del Covid-19, gli alunni potranno infettare docenti e personale scolastico.
Riaprire le scuole a breve, “significherebbe rimettere in circolazione il virus. I ragazzi incontreranno gli insegnanti e gli altri addetti e potranno contaminarli. Il virus potrà tornare nelle famiglie, rimaste confinate due mesi”.
Le decisioni (coraggiose o incaute?) prese in mezza Europa avranno delle influenze sulla decisione che si prenderà in Italia. È difficile dirlo.
Di sicuro, quando tutto faceva propendere per il ritorno settembre, la “partita” sulla fine dell’attuale anno scolastico non sembra più chiusa.
La vice-ministra Anna Ascani ha dichiarato che “il pieno diritto allo studio ha bisogno, per essere tale, della presenza: su questo stiamo lavorando. Non possiamo rimandare il rientro a scuola dei bambini e dei ragazzi troppo a lungo: per quanto grande lo sforzo fatto sulla didattica a distanza, la scuola richiede una presenza che va ripristinata“. Su questo tema tutti in maggioranza sono d’accordo, tanto che, in una riunione che si è tenuta stamane, hanno concordato sull’idea che fosse necessario aprire una riflessione articolata sul futuro della scuola con la nascita della task force”.
Il gruppo di esperti, la task force, dovrà stabilire come e quando si tornerà in classe: ripristinando i vecchi i doppi turni, partire dalle scuole superiori, magari tornando giugno fino a metà luglio? C’è anche chi parla di rientro ad ottobre. E, comunque, con quali tipi di protezioni o distanziamento?
Intanto, Gabriele Toccafondi e Daniela Sbrollini, capigruppo di Italia Viva in Commissione Cultura alla Camera e al Senato hanno ricordato che “molto probabilmente, alla riapertura non ci sarà un vaccino a disposizione. Riaprire comporta quindi il ricorso a strumenti, indicazioni, strutture, ripensamenti che hanno bisogno di tempo e di una rimodulazione dei luoghi. C’è bisogno di capire come riaprire”
“Il sistema delle riaperture non può essere gestito unicamente con circolari ministeriali o con il buonsenso preziosissimo di dirigenti e docenti”.
Infatti, la riapertura va decisa direttamente dal Governo, sulla base, certamente, di quanto sostengono esperti e virologi. Di certo, torniamo a ripeterci, non si potrà sbagliare.
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