La parità di genere si raggiunge superando gli stereotipi. Anche nel linguaggio. Ne è convinta la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli.
Nel corso della conferenza stampa a Palazzo Chigi, di presentazione degli otto decreti legislativi appena approvati dal CdM, la Fedeli ha ‘bacchettato’ un giornalista che le rivolgeva una domanda durante la conferenza stampa: “Riesco a chiederle di chiamarmi ministra?”.
Il problema, per la responsabile del Miur, è che anche un sostantivo può aiutare a superare chi ancora inneggia alla supremazia maschile sulla donna.
Il concetto è stato ribadito dalla ministra il giorno dopo, partecipando al forum internazionale sul ruolo delle donne per una crescita sostenibile, promosso dalla presidenza italiana del G7, e organizzato dalla Farnesina in collaborazione con Aspen Initiative for Europe, Valore D e Women Empower the World.
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“Le politiche di genere non devono essere mai un capitolo a parte”, ha detto la titolare del Miur. Per poi spiegare che “è importante inserire nei modelli di conoscenza e di sapere anche esempi femminili. Ad esempio l’8 marzo di quest’anno abbiamo promosso nell’inserimento della letteratura lo studio di Grazia Deledda”.
Negli ultimi anni in Italia “nel settore dell’Istruzione sono stati investiti 3 miliardi: per la prima volta non è stato il settore utilizzato per fare risparmi”, ha sottolineato Fedeli precisando che “all’interno della ‘Buona Scuola’ siamo impegnati, come richiesto dalla convenzione di Istanbul, a lavorare per un’educazione che punti al superamento di tutti gli stereotipi per scongiurare comportamenti che possono provocare la violenza sulle donne“.
Parlando della presidenza italiana del G7, la Fedeli ha proposto la creazione di “un osservatorio che valuti l’impatto ex ante di ogni politica per non fare scelte neutre e mettere tutti nelle condizioni di dichiarare prima l’impatto che quella politica, nei campi dell’istruzione dell’economia e del lavoro, può avere su uomini e donne”.
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