Ci sono, a ragione, “insegnanti bravissimi che ti dicono: io mi chiudo in classe e lavoro con i miei alunni, non voglio sentire altro”, perché ci sono problemi annosi ed enormi che non si vogliono affrontare. E nemmeno il governo che si sta formando sembra volersene occupare. A pensarla così è Giuseppe Bagni, presidente nazionale del Cidi, il Centro di iniziativa democratica insegnanti.
Parlando il 18 maggio a Bari, a margine di una conferenza stampa su una iniziativa nelle scuole del capoluogo di provincia pugliese, Bagni ha commentato duramente il Contratto di Governo M5S-Lega Nord appena definito: “La scuola va cambiata in meglio – ha detto – ma non si può andare avanti a slogan e a poche pagine su un tema come la scuola che è la costruzione dei futuri cittadini”.
“In questo momento – ha sottolineato il presidente Cidi – la preoccupazione è tanta. Si percepisce ovunque andando nelle scuole”, dove, per non scontrarsi con le situazioni irrisolte gli, insegnanti si concentrano sulla lezione frontale. Allontanandosi ogni giorno sempre più, a detta di Bagni, da quelle attività, non obbligatorie, che li potrebbero invece vedere parte attiva e determinante. Anche sul fronte della dispersione scolastica.
A sui dire, il futuro prossimo non promette nulla di buono, perchè il programma di Governo che si sta andando a costituire non sembra volersi occupare degli aspetti ritenuti centrali dal Cidi.
“Siamo preoccupati – continua il suo presidente – perché quello che è stato scritto nel contratto sono indicazioni general-generiche, alcune interessanti e altre meno, ma è mancata la riflessione con la scuola”.
“Si parla della scuola standone al di fuori, senza capirne i veri problemi. E sono indicazioni politiche che vengono da un dibatto deprimente sulla scuola. Invece avremmo bisogno di parlare di scuola interrogando la scuola, ma non l’ha fatto né la Lega né i Cinquestelle”.
“Questo però è grave – ha concluso – perché oggi il problema sono quelli che non sono più alunni di nessuno, sono quel milione di studenti che perdiamo ogni cinque anni in Italia”.
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