Il rapporto Ocse su “Scuola e migrazione, facilitare il viaggio dell’integrazione” evidenzia che gli studenti immigrati non solo non ostacolano l’apprendimento dei non-immigrati, ma addirittura il gap di competenze fra di loro, se c’è, è dovuto alle difficili condizioni economiche degli studenti stranieri e di trovarsi in ’scuole ghetto’ dove il denominatore comune è la situazione di svantaggio.
È in grado la scuola di dare sostanza al cammino dell’integrazione?
Secondo Francesca Borgonovi, economista Ocse e tra gli autori dello studio, riporta Il Sole 24 Ore, “le statistiche vanno interpretate e il messaggio che ne esce è positivo. Il punto di partenza è il forte aumento di studenti immigrati nel sistema scolastico italiano, uno dei maggiori nell’area Ocse: dall’1,7% registrato nel 2003 al 5,5% del 2012 per gli immigrati di prima generazione e dallo 0,4% al 2% per quelli di seconda generazione. Il passo successivo sono i cambiamenti nelle competenze tra il 2003 e il 2012 dell’insieme degli studenti: la performance in matematica dei non-immigrati è migliorata di 22 punti nei test Pisa (Invalsi) passando da 468 a 490. Per gli immigrati di seconda-generazione il voto è rimasto a 461 e per quelli di prima generazione è sceso da 441 a 435, quindi in entrambi i casi il divario con gli studenti “autoctoni” è aumentato”.
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Per l’esperta Ocse il sistema scolastico è riuscito a dare un servizio ai nuovi arrivati e alle loro famiglie, e questo non è andato affatto a scapito delle competenze degli altri ragazzi, i non-immigrati, che anzi nel tempo sono migliorate».
Il divario di competenze tra l’altro si riduce nettamente o si annulla se si tiene in conto lo status socio-economico degli studenti. «E’ la concentrazione delle difficoltà socio-economiche, non la concentrazione degli immigrati, ad avere un impatto negativo sull’apprendimento», se però a queste poi si somma il problema dell’acquisizione della nuova lingua per i nuovi arrivati, per gli insegnanti si creano fortissimi problemi. Infatti i docenti italiani sono tra quelli – che in base alle statistiche Ocse – avvertono più l’esigenza di una formazione ad hoc nei confronti degli studenti immigrati.
Il rapporto ha tra l’altro rilevato che il 76% degli studenti italiani è in scuole che non hanno immigrati o sono comunque sotto il 10%, mentre il 5,6% degli studenti è in scuole con oltre il 25% di immigrati (media Ocse 18%).
Un altro mito da sfatare è quello del livello d’istruzione delle famiglie immigrate che non è affatto inferiore rispetto a quelle locali. Circa l’80% degli studenti immigrati di prima generazione in Italia ha almeno un genitore con lo stesso livello di istruzione degli studenti non immigrati. Anche i dati sul senso di appartenenza alla scuola vanno visti nel loro percorso. Il 78% degli studenti non immigrati in Italia avverte un “senso of belonging” alla propria scuola, mentre per i ragazzi immigrati di seconda generazione si scende al 74,2% e per quelli di prima al 69%.
L’attenzione dell’Ocse punta piuttosto su altri Paesi, come la Francia e il Belgio, dove sono i ragazzi immigrati di seconda generazione ad essere più a disagio a scuola rispetto a quelli di prima. In Francia si scende ad esempio dal 43% della “felicità” scolastica della prima generazione al 39,5% della seconda. E’ già una “spia rossa” di mancata integrazione, con tutto quello che ne può conseguire.
La ricetta dell’Ocse per implementare nuove politiche educative è semplice: innanzitutto fornire un’assistenza linguistica il prima possibile ai nuovi arrivati. Associare l’apprendimento della nuova lingua e di contenuti è il modo più efficace per integrare i ragazzi immigrati. Un fattore molto importante è la frequenza a una scuola materna di alta qualità, che permetta ai bambini immigrati di accedere alla scuola primaria in condizioni di parità, o quasi, rispetto ai loro coetanei non immigrati. In Italia, ad esempio, aver frequentato una scuola pre-primaria si traduce per un quindicenne immigrato in 70 punti in più nelle competenze di matematica e 88 punti in quelle di lettura.
L’Ocse tuttavia raccomanda soprattutto di incoraggiare gli insegnanti a prepararsi per classi molto varie, mentre ora spesso sono poco preparati pedagogicamente ad affrontare i problemi degli studenti immigrati.
Va poi evitata la concentrazione di studenti nelle stesse, svantaggiate scuole, le cosiddette scuole “Enclve”, e vanno riviste le politiche educative. La suddivisione per abilità, le bocciature, il precoce incanalamento dei ragazzi su percorsi scolatici in base alle loro performance sono dannose per tutti gli studenti, ma lo sono soprattutto per gli studenti immigrati, ammonisce l’Ocse.
Vanno infine coinvolti i genitori dei ragazzi immigrati, perché gli studenti vanno meglio a scuola se i genitori capiscono l’importanza dell’istruzione, come funziona il sistema scolastico e come meglio possono sostenere i figli. Ma questa è una ricetta valida per tutti.
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