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Milano: boom del tempo pieno nella primaria

Il dato conferma la tendenza che emerge tutte le volte che si parla di eliminazione del tempo pieno e che si è manifestata, per fare solo qualche esempio, nel  lontano 1985 quando furono revisionati i programmi della scuola elementare e da larghissime fasce della popolazione nazionale, coincidenti con il Nord Italia, si levò una vivace protesta tanto che in sede di provvedimenti applicativi del nuovo documento programmatorio si giunse al compromesso di confermare le scuole a tempo pieno già funzionanti togliendo, per altro verso, la possibilità di nuove istituzioni.
Analogo scalpore, come si ricorderà, si è levato più recentemente in occasione della riforma scolastica in atto, quando si è  paventato che la nuova scuola primaria, in cui era stata trasformata quella elementare, abolisse il tempo pieno. Su ‘tempo pieno si’ e su ‘tempo pieno no’ si scatenò un putiferio dal quale ancora oggi non siamo usciti.
Dal prossimo settembre, in Milano e provincia, su 7.613 classi, 6.812 saranno a tempo pieno, con una percentuale pari dell’89 %. Va, per altro verso, sottolineano che rispetto all’anno passato saranno 171 le classi in più. Dati, come si vede, che oltre alla tendenza generale confermano l’incremento del trend.
Diversa è la situazione nella scuola secondaria di primo grado dove la tendenza si arresta, ed inverte e le classi a tempo prolungato dal prossimo settembre saranno meno della metà del totale. Il rapporto scende ancora di più nella provincia lombarda. Questo è vero, secondo le organizzazioni sindacali, fino ad un certo punto perché le scuole secondarie di primo grado a tempo prolungato sono state chieste, ma non saranno istituite per carenza di risorse economiche.
Fin qui i dati, la cui lettura, se fatta solo attraverso quelli della scuola primaria,  lascerebbe pensare ad un’alta considerazione in cui sarebbe tenuto il tempo pieno. Non altrettanto se rapportati a quelli della scuola secondaria di primo grado.
A giudicare dalle lamentele degli insegnanti, manifestate in più circostanze e contesti, sembra che non sia proprio il modello didattico ad alimentare la tendenza, ma motivazioni assistenziali e custodialistiche, eufemisticamente dette sociali.
La scuola, nella prima fase dell’obbligo, sarebbe preferita a tempo pieno perché assolverebbe al compito di tutela e di salvaguardia dei bambini e dei ragazzi provenienti da famiglie prive per l’intera giornata dei genitori impegnati in attività lavorative.
Per i ragazzi più avanti nell’età, come gli adolescenti, verrebbe meno, insomma, il bisogno di assistenza, di protezione e di custodia pomeridiana tra le pareti scolastiche. 
Nel ballo delle opinioni che si agitano intorno al problema delle ragioni della preferenza del tempo pieno, un posto di primo piano assumono quanti affermano che il tempo pieno nella scuola primaria è un fatto pedagogico e didattico. Il modello di scuola venuta fuori dalla riforma del 1985 presuppone, insomma, l’estensione dell’orario giornaliero. Non altrettanto per quanto attiene alla scuola secondaria di primo grado dove il tempo pieno rischia di ridursi ad un vero e proprio doposcuola di cui tanti alunni possono fare benissimo a meno.
La verità è che a distanza di quasi trenta cinque anni dall’istituzione, per altro sperimentale, delle prime classi a tempo pieno, l’amministrazione scolastica non ha mai avuto il tempo ed i mezzi per un monitoraggio a vasto raggio su tutto il territorio nazionale e di tutti i modelli di scuola a tempo pieno e a tempo prolungato.
Non esiste, insomma, a tutt’oggi nessun rapporto ufficiale. Nessuno, perciò, è in grado di valutarne l’efficacia per quanto riguarda l’offerta formativa. Nessuno in altri termini sa, né può sapere, se è un modello valido didatticamente o solo un… aborto pedagogico e didattico.
La conseguenza è che del tempo pieno e del tempo prolungato si può dire tutto ed il contrario di tutto. Ognuno può dire tutto il bene e tutto il male possibile.
Ognuno, perciò, l’ha piegato alle sue esigenze. Tante volte, deprivato della sua carica culturale e pedagogica, se ne è servito come occasione di custodia dei ragazzi. L’augurio è che anche nelle scelte registrate a Milano e provincia, ma che saranno sicuramente confermati da latri contesti, a prevalere non siano ragioni lontane da quelle pedagogiche. .
   
Giuseppe Guzzo

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