Secondo il ministero dell’istruzione nel 2011 sarebbero quasi un milione in Spagna gli studenti, fra i 18 e i 25 anni, che non hanno terminato gli studi superiori, pari cioè al 26,7% del totale. Una cifra importante, ma assai simile a quella registrata nel sud d’Italia, solo che alcune regioni spagnole hanno deciso di pagare gli studenti per farli tornare in classe per prendere il diploma ed eventualmente proseguire con l’università. In tempi di crisi appare quasi paradossale spendere tanti soldi per chi ha deciso di uscire dall’istruzione, si sono lamentati gruppi di insegnanti e sindacalisti, ma in Estremadura, che è una delle aree più povere, e in Andalusia, dove il tasso di disoccupazione giovanile supera il 40%, non si sono scoraggiati e pagheranno rispettivamente: mille euro ai giovani fra i 18 e i 25 anni che torneranno fra i banchi per ottenere il diploma, e 400 euro al mese ai ragazzi della stessa età che completano il liceo.
Secondo quanto riportato dalla Stampa, in Estramadura il tasso di abbandono sfiora il 30% (quanto circa la Campania), mentre 28.000 ragazzi, che si aggiungono agli 8.000 della stessa età iscritti alle liste di disoccupazione, formano uno straordinario esercito senza diploma.
Il programma del governo regionale prevede incentivi di mille euro nella speranza di formarne la metà e fino ad ora è stato “coperto” il 63% delle 3.900 borse di studio previste.
In Andalusia, nel 2011 sono state stanziate 3.000 borse di studio da 400 euro al mese, per far studiare giovani fra i 18 e i 24 anni. Ma solo una cinquantina sono state assegnate, a causa dei rigidi requisiti previsti: iscrizione da oltre 12 mesi alle liste di collocamento, familiari a carico, e così via.
«Abbiamo il dovere morale di non abbandonare giovani che hanno lasciato gli studi per lavorare nel settore edilizio o per altri motivi e ora sono disoccupati e senza formazione», spiega il responsabile regionale per il lavoro, l’imprenditoria e innovazione, Sergio Velazquez, in dichiarazioni a El Pais. Dei mille euro, gli studenti ne ricevono 500 a metà corso e il resto alla fine, se promossi in tutte le materie. Molti della cosiddetta generazione “ni-ni”, cioè né lavoro, né studi, sono studenti passati dai banchi scolastici ai cantieri edili negli anni del boom speculativo, poi rimasti senza impiego né formazione, e senza prospettive future.
Ma ogni scelta ha il suo risvolto e infatti questo “contributo all’inserimento sociale” non è piaciuto a tutti.
Molti infatti sostengono che non si può pagare uno studente scadente per terminare la scuola, mentre se si lascia il denaro come motivazione alla conoscenza c’è il rischio di falsare la valutazione dello studente, per non privarlo dell’incentivo, a parte il fatto che ci potrebbero essere ragazzi che escono dalla ufficialità della scuola per entrare dalla finestra dell’abbandono.
Tuttavia agli esperti che contestano l’efficacia del danaro utilizzato come esca, Juan Manuel Moreno, specialista in educazione della Banca Mondiale, replica: “Il tasso di abbandono scolastico in Spagna è tale da richiedere misure di choc: vale la pena sperimentare”.
E in Italia una simile sperimentazione sarebbe possibile? E non solo sul versante del reperimento dei fondi, ma anche su quello della raccomandazione, del favoritismo, delle graduatorie ad hoc? Chissà? Ma basterebbe provare
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