“Ti faccio fare la fine di Samuel Paty…“ Ormai il nome del povero docente ucciso e decapitato nel 2020 nei pressi di una scuola della regione Ile-de-France da un giovane terrorista islamico si è trasformato in una minaccia. Una minaccia che il procuratore della Repubblica del Tribunale di Bordeaux ha preso sul serio e ritenuta grave, se alla fine dell’udienza ha richiesto per il diciottenne imputato quattro mesi di carcere, evitabili se dopo i diciotto mesi di messa in prova (105 ore di lavori di pubblica utilità e stage di cittadinanza) dimostrerà di avere imparato la lezione. Il verdetto sarà reso noto il prossimo 9 agosto.
Cos’è successo? Il quotidiano Le Figaro – ma tutti i mezzi di informazione francesi ne parlano in questi giorni – ci racconta che nel mese di febbraio scorso uno studente di un liceo di Lormont, nei pressi di Bordeaux, avrebbe detto in classe, davanti a cinque testimoni, che un giorno o l’altro sarebbe arrivato in classe con un passamontagna e un coltellaccio e avrebbe ucciso il suo professore. Con le stesse modalità dell’omicidio di Samuel Paty, per l’appunto. I motivi? Sconosciuti. Lo stesso ragazzo non ha saputo spiegare il suo gesto, se non dichiarando che si era trattato di uno scherzo, una battuta per far ridere i suoi amici.
Di certo, però, non ha riso il professore minacciato, che ha denunciato l’episodio e non si spiega il perché di tanta violenza (finora, per fortuna, solo verbale), iniziata già negli anni precedenti. Come dimostrano le testimonianze acquisite, l’imputato avrebbe anche nel passato insultato e minacciato il professore e la sua famiglia, senza un motivo apparente. Lo stesso alunno, del resto, ha paradossalmente dichiarato agli inquirenti che il professore lo aveva aiutato durante il primo anno di liceo. Mistero, dunque, sulle motivazioni dell’ultima minaccia che ha, diciamo così, fatto traboccare il vaso.
Il docente, dal canto suo, se ne è rimasto a casa, impaurito, esercitando il cosiddetto “droit de retrait”, una norma che consente ai lavoratori francesi di non recarsi sul posto di lavoro – anche contro la volontà del datore di lavoro – se ritengono che ci sia un pericolo grave e imminente per la loro vita o per la loro salute. Non dimentichiamo, tra l’altro, che il docente ha subìto questa minaccia qualche giorno dopo l’omicidio di un’altra docente, pugnalata da un suo alunno in classe, durante l’esercizio delle sue funzioni. Proprio questa insegnante è stata appena insignita dal Presidente Macron della “Légion d’honneur”, la più alta onorificenza che la Repubblica assegna anche alle persone uccise o ferite durante il compimento del loro dovere e che sono riconosciute degne di ricevere questa distinzione.
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