I cittadini italiani non si sono accorti (probabilmente non per loro colpa) che da alcuni anni è stato istituito il Ministero della semplificazione, seppure attualmente come articolazione della Funzione Pubblica (rectius, Ministero della Pubblica Amministrazione).
C’è da chiedersi cosa pensino i Dirigenti di Dipartimento leggendo (se mai lo avessero fatto) le infinite e contraddittorie disposizioni che vengono partorite dal Ministero dell’Istruzione.
A titolo di esempio (certamente non esaustivo) si vadano ad esaminare le disposizioni sulle assegnazioni provvisorie, regolate da un contratto di durata triennale, che quest’anno è stato per giunta prorogato.
Il docente interessato ad ottenere l’assegnazione provvisoria per il comune di ricongiungimento (al coniuge o ai propri familiari) dovrà indicare (ovviamente) le scuole ubicate in tale comune.
Qualora non fosse possibile accordare una delle sedi richieste, il docente potrebbe ottenere l’assegnazione provvisoria in comuni limitrofi.
L’inghippo sorge nella compilazione della domanda.
Secondo l’art.7, comma 8, del contratto, affinchè il docente possa ottenere l’assegnazione provvisoria anche in un altro comune, è necessario indicare come preferenza il Comune di ricongiungimento, anche nel caso in cui nel comune vi sia una sola istituzione scolastica (comunque richiesta dall’interessato).
Che non si tratti di una “svista”, è confermato dal fatto che tale condizione viene ribadita anche dall’art.17, comma 5 del medesimo contratto.
Dunque, se in un Comune c’è una sola scuola (e persino nel caso in cui ve ne fossero più di una, ma comunque siano state tutte indicate come preferenze analitiche), la mancata indicazione dell’intero Comune tra le preferenze inibisce la possibilità di ottenere l’assegnazione provvisoria su un Comune limitrofo.
Se è comprensibile che l’interessato debba indicare innanzi tutto le scuole del comune di ricongiungimento (in quanto diversamente l’istituto dell’a.p. verrebbe utilizzato in modo improprio), non si comprendono le ragioni per cui la procedura sia stata appesantita da un’ulteriore condizione di carattere vessatorio, che va a penalizzare ingiustamente il docente che avesse comunque indicato tutte le sedi possibili, ma che per errore abbia omesso di inserire anche (l’inutile) preferenza per il Comune.
Che nella scuola la compilazione di una domanda rappresenti una corsa ad ostacoli ne sanno qualcosa le decine di migliaia di precari, costretti ad estenuanti code presso le sedi sindacali per ottenere un’assistenza.
E, d’altra parte, la normativa sulla valutazione dei titoli e dei servizi è a dir poco farraginosa e scarsamente comprensibile.
Si aggiunga che se per errore (o nel dubbio) l’interessato abbia dichiarato un servizio che in realtà non era valutabile, secondo alcune segreterie sarebbe addirittura responsabile di “false dichiarazioni”, con conseguenze anche sul piano penale.
Sarebbe pretendere troppo dal prossimo inquilino di Viale Trastevere se si chiedesse una riforma a costo zero, per una normativa più semplice e trasparente che non richieda inutili adempimenti di carattere burocratico e che non vada ingiustamente a penalizzare il personale della scuola in caso di evidenti sviste ed omissioni nella compilazione delle domande?
O magari predisporre dei modelli più semplici e comprensibili?
Il personale della scuola ringrazia anticipatamente.
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