Generalmente è al contrario e cioè che i riformatori, sull’onda delle loro leggi di riforma, siano i primi a mettersi in lista e ricandidarsi alle prossime elezioni. E invece così non è per il Pd, almeno secondo Huffington Post, per il quale sia il ministro Giuliano Poletti, sotto la cui giurisdizione è stato licenziato il Jobs Act e prima ancora anche l’omonimo decreto sul lavoro (decreto Poletti), e sia l’ex ministra Stefania Giannini, che ha visto approvare la Buona scuola quando era al dicastero di viale Trastevere, non correranno per un seggio in Parlamento.
Ma nemmeno l’attuale ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli avrà un ruolo di prima fila nella battaglia del Pd alle urne: “per lei niente collegio, candidata solo nel proporzionale probabilmente in Toscana”.
Di fatto, spiega il giornale online, i “ministri delle riforme di Matteo Renzi quando era premier sono ‘imboscati’ alle prossime politiche”, nel senso che o non ci sono del tutto nelle liste o sono mimetizzati: ergo “non sono il fiore all’occhiello della battaglia Dem”.
A rimanere in lizza per una poltrona sarebbe solo Marianna Madia, “titolare della Pubblica Amministrazione, candidata in un collegio a Roma e non a caso. Lei infatti può intestarsi il provvedimento più spendibile a livello elettorale: l’aumento per gli Statali nella busta paga di febbraio, a ridosso del voto del 4 marzo. Vero è che Jobs Act e Buona scuola sono provvedimenti che Renzi rivendica in prima persona, ma di fatto la squadra che li ha sfornati è evaporata, per varie ragioni”.
In bilico Maria Elena Boschi, ma certi: “Gentiloni che corre a Roma 1 per la Camera, Padoan a Siena in versione ‘Mps pride’ per l’intervento del governo sulla banca senese, Minniti a Pesaro, Orlando e Pinotti in Liguria, Martina a Milano, Franceschini a Ferrara, Delrio a Reggio Emilia”.
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