Complice una dichiarazione del ministro Bianchi, ritorna di nuovo un vecchio equivoco sulla funzione delle prove Invalsi.
Il Ministro ha infatti ricordato che proprio in questi giorni hanno preso avvio le prove Invalsi (sono state fatte 17mila valutazioni e quindi “abbiamo già il polso della situazione” ha sottolineato Bianchi); “ma – ha subito aggiunto il Ministro – la valutazione è una funzione propria degli insegnanti e sono gli insegnanti che devono dire dove ha perso la singola persona, il singolo bambino”.
Il Ministro per la verità è stato molto chiaro: le prove Invalsi servono per “avere il polso della situazione” a livello “macro”, ma per capire cosa davvero è capitato in una classe e quali sono state le conseguenze della riduzione dell’attività in presenza per ciascun alunno sono necessarie rilevazioni di diverso tipo.
Questo perché le prove Invalsi – bisogna sempre ricordarlo – non sono state costruite per rilevare gli apprendimenti individuali ma per avere a disposizione dati complessivi sul funzionamento del sistema scolastico.
Il fatto è che – almeno finora – gli esiti delle rilevazioni non hanno avuto nessuna ricaduta sulle scelte di politica scolastica: sappiamo ormai molto bene che i risultati nelle prove di italiano della quinta primaria sono nel Friuli Venezia Giulia mediamente migliori rispetto alla Calabria, ma questo dato non ha spostato di una virgola le decisioni sulla gestione del sistema scolastico che continuano ad essere per lo più identiche da Udine fino a Catanzaro.
L’equivoco deriva anche dal fatto che tutti (e quindi anche il Ministro) usano la parola valutazione per parlare di due operazioni molto diverse fra di loro. Questo perché nella lingua italiana il termine valutazione ha significati diversi fra loro.
Da un lato c’è infatti la valutazione degli apprendimenti dell’alunno che vuol dire raccogliere informazioni per capire in che misura quell’alunno ha raggiunto gli obiettivi che ci si è prefissi, e che – in un certo senso – significa anche “misurare” lo scarto fra le attese e i risultati effettivamente raggiunti per poter però riprogrammare l’intervento educativo nella direzione del miglioramento.
La valutazione effettuata con le prove Invalsi è cosa ben diversa perché consiste soprattutto in un “accertamento” su vasta scala del raggiungimento (o del mancato raggiungimento) di quelle conoscenze e competenze che possono essere proprie di uno studente di una certa età.
Tanto è vero che nei due casi si utilizzano strumenti del tutto diversi: prove di tipo criteriale per la valutazione degli apprendimenti, prove standardizzate per la valutazione di sistema.
Non è così in altre lingue. In inglese, per esempio, le due operazioni vengono definite con due termini diversi: si parla di evaluation del sistema scolastico, ma di assesment del profitto dell’alunno. E così gli equivoci diminuiscono di molto.
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