I care – 26 giugno 1967
A distanza di mezzo secolo, appena 50 anni, direi la mia età, un sacerdote che proiettò nel futuro una scuola inclusiva, dovrebbe poter ancora parlare! Un docente che per guadagnarsi la stima dei propri alunni gareggia per chi sputa più lontano oggi si traduce in un prof che vive la sua vita in modo mondano, che porta l’orecchino all’ombelico e che il sabato si sballa. Io non ci sto! Noi non siamo sacerdoti, noi non baciamo sulle labbra i nostri alunni, noi non facciamo battesimi, noi trasmettiamo valori “sacri”.
Se qualcuno ci ossequia perché riconosciamo un 9 nel profitto per una cassa di pomodori, se qualcuno ci prende a pugni perché riconosciamo un 3 o risposte fuori dai confini della rettitudine, vuol dire che quell’I care ci ha sopraffatto. Vede, caro Bussetti, io alla base ho un Liceo, dopo il Liceo, ho conseguito una laurea in una Università STATALE. Il liceo che ho frequentato aveva un Preside, esperto di normativa e se anche eravamo lontani dalla prima privatizzazione, era competente! Il suono contro le dx che urlavano: me ne frega, aveva una sua valenza, aveva una eco che riecheggiava su tutto il territorio e oltre. Questa inclusione, oggi vestita o mascherata di competenza, di bandiere blu con tante stelle dimentica l’articolo 4 della nostra Costituzione.
Tutti professionisti, e poi? Eccellenze che varcano le Alpi e “mezze cocchie” di diplomati nei licei che si ritrovano a lavorare nei supermercati: egregio Bussetti, la società ha dimenticato forse l’apporto, in base alle proprie potenzialità, alla società che chiede artigiani e manovalanza? Mai la cristallizzazione nella classe sociale di appartenenza, mai il pagarsi il foglio di carta attestante competenze; mai questo! Licei quadriennali! Ma chi li istituì? Il governo Renzi o il governo fascista? Pardon, quello era il Magistrale o il Magistero?
Egregio Ministro, vogliamo una scuola che formi, che faccia di contenuti lo strumento per attivare processi mentali spalmabili nella società. Vogliamo scuole, non aziende che si preoccupano di iscrizioni o di sponsor. Vogliamo una scuola meritocratica, vogliamo Licei e Istituti Professionali. Vogliamo scuole non in reggenza, ma con DS e subito! Vogliamo scuole con docenti seri, con studenti apprezzati nel proprio indirizzo “di sviluppo e propensione mentale”! Le nostre scuole, le nostre Università erano fiori all’occhiello.
Oggi il tutto si basa su statistiche: chi più boccia non è buono! Non ha capito nulla! I care, anche io ci sto a questo urlo, ma in piena corrispondenza con lo sviluppo di una società alla quale l’apporto è dato in maniera proporzionale alle proprie conoscenze, abilità e competenze. Vogliamo una scuola capace, una scuola che formi, una scuola che non dirotti tutti a studi di liceo quadriennali.
Egregio ministro, sono una ricorrente ds 2011. Cosa mi rattrista? La pseudomeritocrazia, fatta di casse di patate e pomodori in una realtà povera, in una società il cui valore principe è: la banca, il conto corrente, il danaro, l’azienda. Sì, il mercato è entrato nelle scuole. Tutto si vende, tutti sanno tutto. Wikipedia ha sostituito le lauree in medicina, in giurisprudenza, in economia, in lettere, in ingegneria. Tutti sanno costruire ponti e se crollano si passa allo scaricabarile. Ministro Bussetti, sono una ricorrente ds 2011, in attesa della bilancia, in attesa che le scuole rinascano, in attesa di una sentenza della Corte Costituzionale che arriverà quando sarà tardi per me, per altri ricorrenti come me e per questo Governo che dovrà fronteggiare una situazione insostenibile.
Ministro Bussetti, il mio appello è:
Ma non salvi le capre e i cavoli. L’inclusione è altro. Ciao Don Milani, ciao giustizia e ciao cassette di pomodori e patate, io non le voglio e non le compro. Io devo crederci! Ciao XVIII legislatura, spero che tu metta fine agli orrori del governo Renzi. Io devo crederci! Ciao anche a chi mi ha letto, sono una bocciata orali del concorso 2011 (tre prove oggettive superate). La cultura è promossa dal Governo, 2004 docet. A noi 2011 è rimasto un solo grido: I care, grido oggi senza rispondenza in una società che fugge!
Angela Barbara Carbone
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