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Ministro dell’Istruzione, Giuliano o Gelmini? È uguale

I nomi sono diversi, la filosofia la medesima. Il movimento 5 stelle propone quale candidato alla direzione del Miur il preside Salvatore Giuliano  che – al netto della preparazione e serietà personale che nessuno gli nega – presenta due difetti irredimibili: è per l’appunto un preside e “crede” (usiamo apposta il termine fideistico) nella renziana legge 107 dallo stesso Renzi definita “buona scuola”.
Forza Italia, dal canto suo, evoca il “perseverare diabolicum” riproponendo l’ex ministra Mariastella Gelmini la quale – al netto della preparazione e serietà personale che nessuno le nega – presenta due difetti irredimibili: non è persona di scuola e “crede” anch’essa nella 107.
Qualcuno dirà: ma almeno il preside Giuliano ha esperienza di scuola. Sì, ma della scuola vista dalla specola della presidenza, vale a dire da una postazione essenzialmente differente da quella di chi le difficoltà della scuola odierna – che sono difficoltà di gestire la disciplina, di capire cosa puoi e non puoi insegnare nella situazione concreta, di come insegnarlo trapanando un muro di collosa indifferenza, di sopravvivere alla tracimante mole di adempimenti burocratici  – le vive sulla propria carne lacerata.

Tutto ciò mentre la ministra uscente, in luogo di mettere mano a tutto questo, si balocca con il linguaggio di genere disponendo che la maschilistica locuzione “Collegio dei docenti” venga sostituita dalla più inclusiva “Collegio docenti”. Come se la scuola non fosse già, e da tempo, in regime di matriarcato.

D’altro canto Maria Stella Gelmini viene dalla scuola delle “tre i” (magari i colleghi più giovani non le ricordano: “Impresa – Inglese – Internet”). Mai uno slogan era riuscito a scavare un fossato più profondo tra una classe politica e una categoria professionale e sociale. Mai uno slogan era riuscito tanto chiaramente a far intendere a una categoria professionale che  la classe politica al governo si trovava su una lunghezza d’onda totalmente differente rispetto alle radici profonde della propria scelta di essere ciò che erano.
Da quella esperienza di governo della scuola sono passati anni: sarà cambiato il modo di vedere dell’On.le Gelmini? Mah.

Perché nessun partito – ribadisco nessuno – ha finora compreso la semplice verità che il proprio candidato ministro dovrebbe provenire dagli insegnanti-peones, dalla carne da cannone, dagli umili fantaccini  che scendono  in trincea e affrontano scolaresche sempre più ingestibili?

Da coloro i quali semplicemente vorrebbero fare il lavoro per cui hanno studiato: non riempire moduli, non stendere complicati piani di lavoro, non improvvisarsi tutor-educatore-psicologo, ma spiegare con competenza e passione le proprie discipline seguendo con partecipazione e speranza i progressi dei loro alunni?    

Ecco, è in questa massa dannata che andrebbe cercata la persona capace di portare negli ambulacri di viale Trastevere un’aria nuova e insieme antica,  quella che manca alla scuola  in questo tempo di velleitarie sperimentazioni, di desolanti semplificazioni, di manciate  di incenso bruciato sull’altare delle trite parole e del pensiero standardizzato. AESPI attende un partito che si esprima in questo senso, e gli dirà bravo.
Alfonso Indelicato – AESPI
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