Vorrei fare un appello al neo Ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara sulla possibilità di ripensare e riarticolare il tempo scuola e la riorganizzazione didattica. Mi spiego.
Noi docenti siamo stati, e lo possiamo dire con fierezza, precursori e promotori di quella metodologia che aiuta a ripensare il “fare scuola” e invita a sperimentare attraverso le attività laboratoriali e di ricerca un approccio diverso che pone l’accento sulla centralità dell’alunno nei processi di apprendimento-insegnamento. Lo abbiamo fatto con tutta la passione, professionalità e creatività possibili, lasciandoci ispirare dai grandi pedagogisti. E lo abbiamo fatto utilizzando tutti gli strumenti a nostra disposizione.
Siamo contenti di sapere che il MIUR voglia continuare ad investire in una Scuola sempre più a “misura” dei nativi digitali e dei millennials.
Si sta lavorando all’innovazione, attraverso la Scuola 4.0 – su come debbano essere ridisegnati gli ambienti di apprendimento per una didattica sempre più innovativa (etc. etc. etc) – ma c’è qualcosa, a dire il vero che non torna, perché se l’impostazione dell’orario (mi riferisco in particolare alla scuola secondaria di secondo grado) resta invariato, con un alternarsi delle discipline al suono della campanella, di ora in ora, credo si rischi di mettere una toppa nuova su un abito vecchio, per dirla con un noto riferimento.
Piano Scuola 4.0 traduce il passaggio da una scuola e classi tradizionali, in ambienti-laboratori per le professioni digitali del futuro. (Ed è a questo nuovo che i docenti saranno accompagnati attraverso una formazione continua e permanente).
La riflessione che vorrei proporre al Ministro Valditara, e in questo mi faccio portavoce di tanti insegnanti, è proprio sul passaggio “ambiente-laboratorio”. Andrebbe ripensata e “smontata” la classe tradizionale (al di là dell’”arredo” tecnologico), in linea con questo auspicato nella scuola 4.0, attraverso una riarticolazione del tempo-orario che faciliti questo processo innovativo, e renda il tutto più coerente come percorso didattico.
Una possibile proposta dunque: la compresenza di docenti intorno ad aree tematiche con un lavoro laboratoriale e perciò disteso (nell’arco della mattinata) dove si lavora in ricerca-collaborazione tra alunni e docenti. Si pensi ai benefici: la gestione della classe con serenità (si pensi a quelle classi numerosissime e demotivate allo studio, soprattutto negli Istituti professionali e tecnici), aumento della motivazione da parte degli alunni che sperimenterebbero le diverse modalità di un cooperative learning autentico, sia tra alunni che tra docenti.
Se per ambiente intendiamo non solo l’arredo ma l’aspetto laboratoriale di ricerca e di protagonismo (con l’ausilio di tutte le strumentazioni) come è possibile allora conciliare questa impostazione innovativa con una articolazione del tempo-orario ferma a più di cinquant’anni fa?
Perché non si lavora su un nuovo impianto? Si possono sperimentare nuovi modelli? Credo che ci sarebbe un’impennata di motivazione a frequentare la scuola e a viverla in una dimensione più attiva e dinamica da parte dei millennials.
Per una scuola in movimento che sconfigge anche l’abbandono scolastico. Una scuola-comunità che motiva a partecipare, a coinvolgere e a confrontarsi nel proprio processo formativo (cfr. “Professione docente in tempi di guerra. Appunti per insegnanti multitasking, p. 67, Brè Edizioni, Treviso 2022), e che tiene conto anche del benessere sia degli studenti che dei docenti.
Concludo sperando che questo appello venga, se non accolto del tutto, almeno preso in seria considerazione.
Maria De Carlo
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