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Ministro Valditara al Congresso della Lega, solita filippica contro i sessantottini

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Al congresso della Lega a Firenze, il ministro Giuseppe Valditara ha parlato per un quarto d’ora per ricordare e sottolineare i risultati ottenuti dal suo dicastero in due anni e mezzo di Governo.
Per la verità il suo intervento va segnalato non tanto per qualche “novità” quanto piuttosto per qualche “curiosità” politico-istituzionale.
Uno dei temi toccati dal Ministro è stato quello, a lui molto caro, della “serietà” della scuola: “Visito molte scuole e incontro molti giovani – ha detto in apertura Valditara – che hanno bisogno di una scuola seria, che chiuda definitivamente l’epoca in cui merito, regole, responsabilità, impegno e rispetto erano considerati da una certa intelligenza di sinistra disvalori”.

Questi giovani – ha subito aggiunto il Ministro, entrando persino nel merito di questioni pedagogiche e didattiche – hanno bisogno di una scuola che torni a insegnare le regole della grammatica e della sintassi, che ridia importanza ai riassunti, che aiuti a coltivare la memoria ritornando a far studiare le poesie, che insegni la logica e il ragionamento con il ritorno del latino e che insegni a scrivere bene perché il corsivo è il modo di esprimersi di chi riflette, lo stampatello di chi urla” (con quest’ultimo passaggio il Ministro ha vouto forse ricordare che secondo una delle regole della “netiquette” del WEB scrivere in stampatello maiuscolo equivale a “urlare”).

Interessanti le parole sul “ripristino di uno studio serio della geografia” (“pensate che una parte importante dei nostri giovani non sa nemmeno dove situare il Po” ha aggiunto) dimenticando forse che la riduzione ad un’ora dell’insegnamento della geografia nella secondaria di secondo grado è dovuta alla riforma Gelmini e non certamente a qualche sprovveduto ministro “comunista” o anche solo “sessantottino”.

Ma Valditara si è avventurato anche in una analisi storico-filosofica della questione della separazione dei poteri affermando: “La nostra democrazia è fondata sulla sovranità popolare nel rispetto dello stato di diritto che si fonda sul primato della legge e sulla separazione ai poteri ma qui vorrei anche ricordare che separazione dei poteri significa che i giudici non devono mai sostituirsi al legislatore”.
E fin qui, tutto bene; meno “limpide” le parole successive (“La volontà dei cittadini è decisiva non quella di Corti di Giustizia o di commissioni non rappresentative”) che possono fa pensare a “tribunali del popolo” o “eletti dal popolo” più che ad una giustizia che risponda soltanto alle leggi dello Stato.
Valditara ha rivendicato il fatto che “per la prima volta è stato avviato un intervento strategico per dare ad ogni studente eguali opportunità formative indipendentemente dalla regione o dal territorio in cui vive”; “per la prima volta – ha spiegato il Ministro – nonostante le tante chiacchiere della sinistra c’è una visione strategica con Agenda Sud e Agenda nord che va da Roma sino alle Alpi”.
Per non parlare poi della “personalizzazione della didattica” (che a dire il vero era entrata nella scuola già più di 20 anni fa con i Piani di studio personalizzati della riforma Moratti) e del “Piano estate” (che era stato ideato su scala nazionale nel 2020 ma che in molte regioni del Nord risale almeno agli anni settanta).
“Per una vera integrazione dei ragazzi stranieri di primo arrivo – ha detto ancora il Ministro – abbiamo previsto docenti specializzati” dimenticando però di dire che, anche in questo caso, esperienze di attività di L2 ci sono in centinaia di scuole italiane da almeno un quarto di secolo e che comunque gli insegnanti specializzati voluti dal suo Ministero saranno assunti a partire dal 2025/26 utilizzando fondi del PNRR (nulla si sa di cosa succederà quando i fondi saranno esauriti).

Il Ministro non si è fatto mancare poi la consueta filippica contro il ’68 e parlando degli studenti che occupano le scuole creando anche danni consistenti ai locali scolastici ha ribadito: “Certi politici di sinistra che sostengono che questi giovani vadano capiti e non puniti; io invece ritengo che questi giovani che sfasciano le loro scuole siano dei teppisti e un teppista deve essere sanzionato senza e senza ma; e chi lo giustifica abbiamo il coraggio di definirlo un cattivo maestro, è ora di fuoriuscire dai residui tossici del ‘68”.
Parole condivisibili se non fosse che di sessantottini provenienti da Valle Giulia, dalla Statale di Milano o dalla Facoltà di sociologia di Trento ce ne sono sempre di meno in circolazione, i più giovani sono ormai vicini agli 80 anni e nel dibattito sulla scuola hanno molto meno peso di quanto Valditara immagini.
Peraltro questi richiami alla necessità di sanzionare comportamenti da “teppisti” (dato su cui non si può che essere d’accordo) rischiano di essere un po’ ambigui perché poi, al tempo stesso, il Ministro e con lui la sottosegretaria Paola Frassinetti non perdono occasione per ricordare che per contrastare il femminicidio si pensa a percorsi di “educazione alla affettività” per tutti gli studenti.

Lasciano infine perplessi le ultime parole dell’intervento del Ministro che, dopo aver sottolineato il lavoro che la Lega ha svolto in questi anni per dare al Paese una scuola degna di questo nome, ha ricordato che lui porta appuntato sulla giacca il simbolo del partito (l’immagine stilizzata di Alberto da Giussano) e ha enfaticamente declamato: “Viva la Lega viva Matteo Salvini” (a latere è bene ricordare che Valditara ha aderito alla Lega a partire dal 2017, dopo una lunga militanza in Alleanza Nazionale).
Nel ’68 chi concludeva un intervento con un “Viva la Cina, viva Mao Tse Tung” avrebbe rischiato di dover fare pubblicamente autocritica per una pratica tipica del “culto della personalità”, considerata all’interno del Movimento politicamente scorretta.
Quanto al distintivo con l’effigie di Alberto da Giussano vale forse la pena ricordare che il personaggio in questione è ormai considerato una figura leggendaria e storicamente inesistente.
Ma su questo non si possono fare colpe al Ministro tenuto conto che persino le Nuove Indicazioni della Commissione Perla sottolineano l’opportunità di insegnare la storia sotto forma di racconto e senza preoccuparsi troppo delle fonti.

Reginaldo Palermo

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