Al 30 novembre, nonostante il tempo concesso dalla legge del 2001, in Italia esistevano 52 orfanotrofi con cinquecento minori ospitati. Dal 2001 sono sorte ben 2.300 case-famiglie che ospitano 12.000 minori.
Dal 31dicembre 2006 rappresenta la data ultima indicata dalla legge 149/2001 per la chiusura improrogabile degli orfanotrofi e il trasferimento dei minori ancora ivi alloggiati in case-famiglie o presso famiglie affidatarie.
Ci troviamo, come si può dedurre, dinanzi ad un fatto di portata rivoluzionaria, paragonabile solo all’abolizione avvenuta decenni addietro dei manicomi, ma pure di fronte ad un problema di spinosa gravità che coinvolge la società in tutte le sue articolazioni, politiche, etiche, religiosi, familiari, assistenziali, educative, ecc.
Ci troviamo, come si può dedurre, dinanzi ad un fatto di portata rivoluzionaria, paragonabile solo all’abolizione avvenuta decenni addietro dei manicomi, ma pure di fronte ad un problema di spinosa gravità che coinvolge la società in tutte le sue articolazioni, politiche, etiche, religiosi, familiari, assistenziali, educative, ecc.
Sono tanti, infatti, i soggetti coinvolti nello smantellamento degli orfanotrofi, istituzioni meritorie nella maggior parte dei casi, anche se in tutti i tempi, non esclusi questi ultimi, non sono mancati esempi di disattenzioni verso l’infanzia disagiata.
A parte i contesti dichiaratamente non positivi, di cui la cronaca si è dovuta tante volte interessare, la verità è che l’orfanotrofio oggi contrasta, abbastanza palesemente, con l’idea stessa che si ha di società civile, di diritti della persona umana e della conseguente tutela e salvaguardia da parte dell’intera collettività.
Orfani, oggi, non sono solo quei minori che il destino ha privato di uno o di entrambi i genitori, ma anche minori costretti a vivere lontani della famiglia originaria per separazione o divorzio dei loro genitori. Sono figli di drogati, di genitori ristretti nelle strutture carcerarie, figli di immigrati ecc. La casistica, come si vede, è molto ampia oltre che variegata.
Una comunità che voglia stare al passo coi tempi deve essere in grado di risolvere anche questi problemi decondizionando dai disagi migliaia di minori ancora ospitati in strutture non sempre ospitali.
L’idea che è maturata in questi ultimi tempi, tuttavia, più che alle strutture adeguate fa riferimento alle condizioni psicologiche vissute dai minori ospitati in strutture assistenziali anche se positive.
Per quando in possesso di tutti i requisiti siffatte strutture non possono assicurare il necessario clima socio-affettivo-emotivo ritenuto indispensabile per un’idonea crescita del minore.
La ratio della legge è appunto questa: coinvolgere, per quanto è più possibile, le famiglie nel superamento del disagio provato dai minori in stato di abbandono.
L’obiettivo della legge è quello di dare una famiglia ai bambini inserendoli in comunità di piccole dimensioni che debbono perdere il loro carattere meramente custodialistico ed assistenziale per acquisire soprattutto quello di vera e propria famiglia. Anche se in vitro.
In verità nelle more dell’entrata in vigore della legge del marzo 2001, sono 2.300 le strutture sorte dalle ceneri degli orfanotrofi, ma che devono sicuramente essere incrementate con l’abolizione degli ultimi orfanotrofi che ancora esistono.
Al momento, sono 12mila i bambini ospitati in queste strutture e che attendono di essere affidati a famiglie o in strutture alternative agli orfanotrofi o istituzioni similari, ma alla fine di novembre erano ancora 52 gli orfanotrofi in Italia che accoglievano poco più di 500 minori. Se entro il 31 dicembre non si saranno trasformati in case-famiglie rischieranno di essere dichiarati fuorilegge.
La situazione, come si può pensare, non è semplice. Occorrerà innanzitutto verificare come sono avvenute tante trasformazioni da orfanotrofi in case- famiglie e come avverranno, in extremis, le trasformazioni dei 52 orfanotrofi ancora in attività.
Si apre una fase di intensa attività che vede coinvolte in prima persone le Regioni alle quali spetta, per norma, la materia di per sé delicatissima e scottante. Sono poche, infatti, le Regioni che in questi decenni hanno maturato una cultura della tutela e della salvaguardia dell’infanzia in generale e di quella disagiata in particolare.
Occorrerà guardare con particolare attenzione a tutte le altre per evitare che anche in questo campo ci siano regioni di serie A e regioni di serie B ed anche di serie minori.