Agostino Miozzo, già dirigente della Protezione civile e coordinatore del Comitato tecnico scientifico, consigliere del Ministero della Pubblica istruzione, intervistato da Messaggero sulla prossima riapertura delle scuole dopo il 26 aprile, ha detto: “Posso citare gran parte del comitato tecnico scientifico, dei docenti, dei presidi, molti genitori. Non solo io, ma in tanti abbiamo sempre sostenuto la necessità di guardare alla scuola come una priorità. Per certi aspetti è una soddisfazione vedere che finalmente la scuola riapre, anche se c’è un po’ di tristezza, perché sono passati mesi e mesi prima di arrivare a questa decisione. Scontiamo il fatto che il sistema scolastico non era preparato ad alcuna forma di emergenza. Si è presentato in maniera improvvida, impreparata, incapace di reagire. Altri paesi hanno reagito diversamente: nel Nord Europa il distanziamento non era un problema perché avevano spazi differenti, la scuola all’aperto era nella loro cultura. Le scuole in Francia, Germania, Inghilterra ma anche in Spagna sono rimaste aperte, salvo nei momenti di massima crisi. Noi siamo stati tra i paesi europei che hanno chiuso di più. Con un approccio tra l’altro schizofrenico, con una regione che apriva, un’altra chiudeva”.
Per Miozzo tuttavia questo lungo periodo senza lezioni “lascerà segni importanti. Basta vedere che succede nei reparti di psichiatria infantile, non stiamo né drammatizzando né enfatizzando i problemi. I neuropsichiatri infantili dicono di avere i reparti strapieni, i tentativi di suicidio e autolesionismo sono molti. E questo aspetto della violenza, delle risse tra grandi gruppi, è un segnale di squilibrio. Questa generazione sta male. E quali saranno i segnali del mancato apprendimento? Per un anno e mezzo i ragazzi hanno seguito una didattica a distanza che, nonostante gli sforzi, è stata improvvisata, è stato un esperimento. Ma gli esperimenti in emergenza sono destinati a fallire”.
E onestà per onestà, sottolinea Miozzo, “le scuole non sono esenti da rischi. Ma bisogna fare una distinzione tra l’interno e l’esterno della scuola. All’interno, certo, c’è una quota di rischio di contagio, ma ridotta dalle regole, dall’attenzione dei docenti. Se la scuola funziona bene, il ragazzo mantiene le distanze e usa le mascherine in aula. All’esterno restano i problemi dei trasporti e degli assembramenti. Sui quali, però, molto è stato fatto. I prefetti hanno svolto un lavoro pazzesco, va data continuità e applicazione alle indicazioni e ai report presentati dalle prefetture. Se serve bisogna noleggiare nuovi bus. A livello nazionale si può dire: mantenete distanze e organizzate i trasporti, ma poi l’applicazione pratica va fatta a livello locale”.
Vanno incentivate, spiega Miozzo al Messaggero, le lezioni all’aperto “perché all’esterno si riducono le possibilità di contagio. Certo, è più semplice farlo negli istituti delle piccole e medie città, o nelle periferie, meno nelle sedi in palazzi dei centri storici. Ma con spirito di iniziativa, capacità di adattamento e fantasia si può fare molto. La scuola all’aperto ha più storia della dad”.
Per Miozzo, “se non ci saranno brutte sorprese sul fronte delle forniture vaccinali” e continueremo “a usare precauzioni e vigilare sulle varianti”, in autunno si potrà tornare a scuola”. “Condivido -conclude Miozzo- la necessità delle aperture, con prudenza e attenzione. Dobbiamo essere molti attenti a non riaprire tutte le attività insieme, giusta la gradualità”.