La stampa “che conta” non se n’è accorta, ma nel pomeriggio di lunedì 16 giugno, nel paradisiaco Casino Algardi a Roma, in Villa Doria Pamphilj, è avvenuto un miracolo: il Governo ha ricevuto i Sindacati di base nel contesto degli “Stati Generali dell’economia”. La Tecnica della Scuola era presente e può raccontarvi l’evento.
Il prodigio non si ripeteva dal lontano maggio 1987: sullo scranno oggi occupato da Giuseppe Conte sedeva l’allora Primo Ministro Amintore Fanfani. Ministra della (allora) Pubblica Istruzione era Franca Falcucci. Da molti mesi i “Comitati di Base della Scuola” (migliaia di docenti di tutta Italia, riuniti sotto la sigla “Co.Ba.S.”, donde negli anni seguenti sarebbero nati i Sindacati Gilda, Unicobas e Cobas) erano in lotta per aumentare il salario, riqualificare la figura del docente, ridurre gli alunni per classe, liberarsi dalle burocrazie sindacali. La lotta, durata mesi, era sfociata nel blocco sistematico degli scrutini in tutta la Penisola. Da più parti s’invocavano sanzioni e licenziamenti. I cronisti avevano domandato a Fanfani se avrebbe ricevuto gli insegnanti ribelli. «Non ci sono ribelli in Italia», aveva risposto il Primo Ministro; «chi cammina accanto me, mi accompagna, chi non cammina con me, va per conto suo».
Nei mesi seguenti la vittoria dei docenti sarebbe stata totale.
Altri tempi, altro livello culturale, altro spessore politico rispetto ad oggi. Eppure Giuseppe Conte, accogliendo i Sindacati “minori” e di base — sistematicamente ignorati per 33 anni dal Potere e dalla “libera” stampa (che ha glissato sull’evento, dando conto solo dell’incontro mattutino con CGIL, CISL e UIL) — si è mostrato degno del suo illustre predecessore: se non altro per cortesia, affabilità, apertura al dialogo. La convocazione è giunta — non caso — subito dopo la manifestazione di sabato 13 giugno a Villa Pamphilj: centinaia di militanti dei Sindacati non concertativi e di organizzazioni studentesche avevano manifestato contro gli “Stati Generali”, definendoli “show dei dirigenti di Leonardo, ENEL, ENI, Fincantieri, Banca d’Italia, FMI e BCE”. Conte, più intelligente della media delle classi dirigenti italiane di oggi, sa che non si governa un Paese senza ascoltare anche la voce di chi lavora.
Alla presenza di ANIEF, UGL, USB, CUB, CISAL, CONFSAL, COBAS, UNICOBAS, CIDA, CSE, FNSI, il Presidente ha aperto dicendo che l’incontro non sarebbe stato solo una passerella mediatica, ma l’occasione per coinvolgere tutti i cittadini nel rilancio del Paese, cogliendo l’opportunità offerta dalle “cospicue risorse” offerte dall’UE per la ripartenza. Ha riaffermato l’importanza strategica della Scuola in questa ripartenza, e la propria volontà di coinvolgere tutti i Sindacati dei docenti. Uno stile obliato da decenni. «Se non vi coinvolgessimo, troveremmo incomprensioni e diffidenza. Vi chiediamo di esser partecipi a questo progetto. La responsabilità resterà comunque nostra: però vi chiediamo di darci il vostro parere per aiutarci a decidere».
Guido Lutrario dell’USB ha detto che «La Scuola, per esser tale, dev’essere in presenza e non a distanza, ma con meno alunni per classe e un corpo docenti potenziato».
Per i Cobas Scuola, la storica leader Anna Grazia Stammati — docente nel carcere di Rebibbia a Roma — ha ricordato l’esigenza di ridurre le classi pollaio (contraddetta dall’attuale politica di contenimento egli organici), di ridimensionare gli “istituti scolastici elefantiaci”, di «mettere più risorse nelle aree disagiate». Ha ricordato che la “Dad” (“Didattica a Distanza”) ha escluso larga parte degli studenti: in particolare quelli in carcere, che dal 5 marzo non hanno avuto più scuola.
Per Unicobas Scuola & Università il Segretario Stefano D’Errico — presente nei Comitati di base fin dalla loro nascita — ha parlato dei 240.000 insegnanti da arruolare subito (e da impiegare poi per l’aumento dell’obbligo, finita la pandemia); del demansionamento dei docenti dell’Organico “Potenziato”; della necessità di assumere immediatamente migliaia di docenti e ATA, e d’investire 13 miliardi aggiuntivi, anche per intervenire seriamente sull’edilizia scolastica, perché adesso i fondi ci sono. «Se non interveniamo ora sulla Scuola, siamo un Paese di pazzi. Dovremmo far pagare le tasse ai giganti dell’informatica, e invece gli consegniamo la Scuola. Pullulano le “classi virtuali” e i “Collegi virtuali”, in cui non si capiscono nemmeno presenti e assenti. Noi siamo contro la delocalizzazione degli alunni con la scusa del virus. Semmai bisogna estendere l’obbligo scolastico, perché la media dell’obbligo in Europa è di 10-11 anni. E occorre misurare la rappresentatività dei Sindacati mediante elezioni con liste nazionali e assemblee in orario di servizio per tutti, ad armi pari».
Tutti i Sindacati presenti hanno sottolineato la necessità di eliminare le classi pollaio, e non sono mancate critiche alla gestione attuale del Ministero dell’Istruzione e all’autonomia scolastica, colpevole di aumentare le differenze tra le scuole.
Eppure Lucia Azzolina, alla fine, ha ribadito che autonomia e DaD son cosa buona e giusta. Nessun accenno all’abrogazione di “riforma Gelmini” e “Buona Scuola”. Gli eventi futuri, del resto, appureranno se l’ascolto da parte del Governo sia stato effettivo e convinto, o puramente di facciata.
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