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Miur condannato in appello per il suicidio di una studentessa

 La triste vicenda risale a 18 anni fa, quando in Istituto calabrese una povera ragazza decise il gesto estremo di togliersi la vita. 

Il tragico episodio accadde all’Istituto Magistrale “Vito Capialbi” di Vibo Valentia dove una ragazza di soli 17 anni, nel lontano 1996, si impiccò subito dopo essere entrata a scuola. La sentenza è definitiva ed arriva dalla Corte d’appello di Catanzaro sei anni dopo la sentenza di primo grado. Il tribunale nella sentenza di primo grado aveva condannato il Miur ad un risarcimento di 221.562 euro.
Nelle sentenze sia di primo grado che in quella di appello si parla di una totale mancanza di controllo e di vigilanza sulla minore, che pur essendo stata vista entrare a scuola, risultava assente dalla classe. Tardivi sono stati i soccorsi che, quando sono intervenuti, non hanno che potuto constatare il decesso della ragazza.
La giovane aveva deciso di togliersi la vita impiccandosi nei bagni della scuola, dove si era nascosta non appena entrata a scuola. Nessuno fino al termine della prima ora si era chiesto dove fosse la ragazza, che invece aveva compiuto l’insano gesto di togliersi la vita.
La sentenza raccoglie le deposizioni dei compagni della giovane, dei docenti e del personale della scuola, e condanna il Miur alle responsabilità di mancato controllo e mancata vigilanza sulla minore. Sentenza shock che fa ben comprendere quanto delicato sia il lavoro dell’insegnante. Eppure nessuno riconosce l’indennizzo agli insegnanti della responsabilità della vigilanza sui minori, salvo poi vedersi condannati per mancanza di vigilanza. Forse c’è qualcosa che bisognerebbe valutare meglio, anche su questi aspetti che non sembrano essere secondari.

 

Lucio Ficara

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