Si passa da una distribuzione basata sulla spesa storica della quota più sostanziosa dei fondi pubblici ad una ripartizione che tiene gradualmente conto delle differenze fra atenei di offerta formativa, numero di studenti in corso, costo medio dei professori e dei diversi contesti infrastrutturali e territoriali in cui operano le università, compresa la differente capacità di reddito delle famiglie.
“Con i nuovi parametri – commenta il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini – il sistema di distribuzione del finanziamento di base alle università statali diventa più equo. Il meccanismo di calcolo del Costo standard – continua il Ministro – prevede che gli studenti, a parità di tipologia di corsi di studio, siano destinatari della stessa dotazione di risorse da parte dello Stato. Pari condizioni di partenza quindi: questo è il nostro obiettivo. A ciò si somma un’accelerazione sulla premialità: quest’anno il 18% delle risorse pubbliche – era il 13,5% lo scorso anno – sarà assegnato tenendo conto dei risultati degli atenei nella ricerca, nelle politiche di reclutamento, nella didattica, con uno sguardo anche ai livelli di internazionalizzazione e di partecipazione ai programmi Erasmus. Grazie alle novità introdotte quest’anno nell’assegnazione dei fondi pubblici, oltre il 67% degli atenei registra un segno ‘+’ nel proprio finanziamento”.
La vera rivoluzione però è l’introduzione del principio del costo standard, in base al quale il 20% del fondo (cioè un miliardo di euro) viene dato alle università in base al “costo standard di formazione per studente in corso”, mentre il restante 80% in base a quanto ricevuto nell’anno precedente. Il costo standard viene calcolato attraverso una formula che mette in relazione i costi sostenuti per i diversi corsi di studio (costi dei docenti, degli amministrativi e tecnici e di funzionamento) alla popolazione studentesca in corso. Il tutto riequilibrato da un correttivo anti-sperequazione che tiene conto delle caratteristiche del contesto territoriale.ì
Rispetto all’anno scorso, bene l’università di Bergamo che ottiene 38 milioni di euro contro i 33,9 assegnati nel 2013 (+12,07%). Poi troviamo la Bicocca di Milano (112,4 milioni, +8,13% rispetto all’anno scorso). Tra le “top dodici” ci sono anche le università meridionali: la Napoli Partenope (+7,83%), l’Università del Sannio (+7,57%), Foggia (+7,55%) e, dodicesima, Catanzaro (+5,31%). Negativa la situazione per altri atenei meridionali: da Messina (la peggiore) a Catania, da Palermo a Lecce fino a Cagliari, Bari e Potenza.
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