Per evitare pettegolezzi sulla loro relazione sentimentale, avrebbero minacciato provvedimenti disciplinari, demansionamenti e, perfino, licenziamenti a prof e un assistente tecnico. Per quelle molestie capaci di generare “un perdurante stato di ansia e paura anche per il timore di subire ripercussioni di carattere professionale” ora rischiano il processo. I protagonisti della vicenda, anticipata da La Nazione e riportata da Il Corriere Fiorentino, sono il preside di un istituto superiore fiorentino 61enne e la sua vice, 51 anni, accusati di stalking e abuso d’ufficio.
A far partire le indagini, nel 2020 la denuncia di una delle docenti. “La cappa di piombo che ormai grava su tutto il personale docente e non, sta creando un grave disagio che si ripercuote anche sullo svolgimento dell’attività didattica”. Poi, l’elenco di intimidazioni e molestie, che la donna avrebbe subito nell’arco di cinque mesi. Da qui partirono le indagini coordinate dalla procura fiorentina. Il dirigente scolastico e la sua vice, secondo quanto ricostruito, avrebbero intimidito in più occasioni e con diverse modalità, due docenti e l’assistente, costringendole ad ammettere di aver diffuso informazioni sulla loro relazione sentimentale.
Colloqui come pretesti
In più occasioni, il dirigente avrebbe chiamato in presidenza la prof: “Le convocazioni – si racconta nella denuncia – si trasformavano in veri e propri interrogatori in cui si metteva sotto torchio l’intero corpo docente”. E in quelle occasioni, secondo l’accusa, lui avrebbe minacciato di distruggerla professionalmente ed economicamente se non avesse ammesso di essere l’autrice di quelle “voci” che correvano a scuola.
Sarebbe intervenuto anche nei consigli di classe, secondo l’accusa, per costringere la professoressa a cambiare in positivo la valutazione di due studenti, a rischio bocciatura, uno dei quali non solo aveva accumulato nell’anno scolastico gravi insufficienze ma era stato sospeso per episodi di bullismo.
La docente che ha diffuso la notizia lo ha ammesso e ha avuto un malore
Anche le convocazioni per i “ritardi” a scuola, sarebbe stato un pretesto. “Era mirata a sapere chi avesse messo in giro il pettegolezzo sulla presunta liason, dietro minacce di risarcimenti di migliaia di euro e ripercussioni professionali”, aveva spiegato la docente nella denuncia. Alla fine, prostrata da quelle continue pressioni, la prof avrebbe ammesso di aver diffuso la notizia. Poi, quel giorno stesso per un malore è finita in ospedale.
Bossing a scuola, che fare?
Bossing a scuola: cos’è? Come agire se si è vittime di prevaricazioni o abusi di potere da parte dei propri superiori? Ne abbiamo parlato qualche mese fa con il segretario provinciale dello Snals Treviso Salvatore Auci, che ha spiegato come bisogna agire in questi casi e quale potrebbe essere una soluzione per ridurre questo tipo di fenomeno, alquanto comune di recente nelle scuole.
Ecco cosa ci ha spiegato in merito a ciò che i docenti che si sentono vittime di queste prevaricazioni devono fare per dimostrarlo e per uscire da queste situazioni: “Ovviamente si può denunciare l’azione subita o rivolgersi ad un avvocato penalista per presentare un’azione giudiziaria nei confronti della persona che si ritiene sia responsabile di azioni bossizzanti. In questo caso le autorità competenti sono polizia giudiziaria, la Procura della Repubblica, la Questura, la Polizia di Stato, i Carabinieri”.
Risulta importante ed estremamente delicata la fase di raccolta delle prove che dimostrano la presenza di comportamenti bossizzanti: “Prima di fare tutto ciò consigliamo però di rivolgersi ad un sindacato per informazioni su come cominciare a difendersi. Inoltre prima di passare a vie legali bisogna riuscire a provare la sussistenza di elementi costitutivi del fenomeno. Occorre dimostrare le azioni subite, l’intento persecutorio, le discriminazioni e la loro sistematicità e divisione nel tempo. Va anche trovato un nesso di causalità tra le condotte lamentate e i pregiudizi subiti. Devono anche essere dimostrati i danni riportati a seguito di queste azioni. L’esempio tipico è la presenza di una forma di depressione nella vittima. Risulta anche necessaria la raccolta di tutte le prove possibili: mail, sms, documenti recapitati, registrazioni audio delle parole, delle grida”.