Il nuovo contratto sulla mobilità, con la new entry degli albi territoriali previsti dalla Legge 107/15, si sta sempre più trasformando in una patata bollente.
Certo, nell’ultimo incontro di fine anno il Miur ha fatto diverse concessioni ai sindacati: nella nuova bozza di contratto ha infatti acconsentito sulla mobilità su sede in fase provinciale (e non solo su ambito come previsto in precedenza) sia per i neo assunti in fase zero e A, sia per tutti gli insegnanti entrati di ruolo sino al 2014 che dovessero esprimere desiderio di cambiare scuola di titolarità. E in questa casistica rientrerebbero pure i circa 8mila soprannumerari, che con l’adozione delle imminenti nuove classi di concorso potrebbero diventare anche di più.
In pratica, spiega la Flc-Cgil, “potranno presentare domanda, continuando ad indicare le singole scuole, tutti i i docenti già di ruolo prima della legge 107 che lo vorranno, in aggiunta a coloro che, in esubero o DOS, intendono acquisire una titolarità di scuola o rientrare nella ex scuola di titolarità se trasferiti come perdenti, posto negli ultimi 8 anni, cosi come prevede il vecchio contratto”.
Sempre il sindacato guidato da Mimmo Pantaleo, ha messo però in evidenza che sono davvero ancora troppo alti i “paletti” imposti dal Miur. O meglio, dal testo della riforma della Buona Scuola. Che impone gli albi territoriali. I quali, seppure dal Governo contestino questa definizione, comporteranno la chiamata diretta dei docenti da parte dei dirigenti scolastici. Per evitare ciò, i sindacati chiedono allora che gli albi vengano graduati. Ovvero che si formino delle graduatorie per ambiti, con i punteggi derivanti da criteri e valutazione dei titoli non molti diversi da quelli che nel corso degli ultimi decenni hanno comunque garantito un turn over, sempre discusso, ma tutto sommato regolare.
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La Flc-Cgil non ha dubbi: questo modello organizzativo, adottato “con criteri oggettivi”, permetterebbe di far giungere “i docenti di cui la scuola ha bisogno in base alle esigenze deliberate nel POF triennale. Attuare gli ambiti (come entità geografica o amministrativa) è possibile, ma a condizione di non mettere in moto meccanismi di discrezionalità di scelta da parte dell’amministrazione”, dice ancora il sindacato.
Peccato che il comma 73 della L. 107 non dica proprio così, ma che “dall’anno scolastico 2016/2017 la mobilità territoriale e professionale del personale docente opera tra gli ambiti territoriali”. E cambiare una legge dello Stato con un contratto appare una missione davvero impossibile.
Come se non bastasse, i tempi per raggiungere un eventuale accordo sono strettissimi: il Miur ha di nuovo convocato i sindacati per lunedì 11 gennaio, quando si discuterà sulla terza bozza di accordo. Poi, l’intenzione dei dirigenti di Viale Trastevere è chiudere il cerchio il 15, solo quattro giorni dopo, in occasione di quello che nelle intenzioni dell’amministrazione dovrebbe essere l’ultimo incontro per definire nuovo contratto sulla mobilità.
Ora, rimane francamente difficile pensare che in 10 giorni si riesca ad uscire da questo vespaio.
Soprattutto perché sia all’interno della triade dei Confederali sia in seno agli altri due sindacati (Snals e Gilda) che si siedono al tavolo della contrattazione, la prevalenza di giudizi è negativa. I rappresentanti dei lavoratori sanno bene che sottoscrivere un contratto che preveda la chiamata diretta del personale docente comporterebbe seri rischi di trasformarsi in un autogol di consensi.
Per poi diventare una vera debacle, con un pullulare di proteste, qualora si estenda, già l’anno successivo, anche a tutti i docenti che chiedono di avvicinarsi a casa. E pure a coloro che, con decenni di carriera alle spalle, sono finiti loro malgrado nei “gangli” della soprannumerarietà.
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