Nella giornata di ieri si sono concluse le operazioni di mobilità per i docenti. Ancora una volta è stato un turbinio di emozioni tra chi (pochi) è riuscito a rientrare e chi (la maggioranza) ha dovuto ancora leggere la frase che tutti gli insegnanti lontani dalla propria terra non vorrebbero mai leggere “la domanda selezionata non è stata soddisfatta dalle operazioni di mobilità”.
Il ministro Azzolina “sorride” perché 8.000 docenti hanno cambiato regione ma più che sorridere dovrebbe indignarsi visto che 8.000 docenti sono una goccia nel mare.
Migliaia di persone sono ancora lontane da casa, migliaia di docenti che con professionalità da anni ed anni, a volte anche un decennio o più, stanno dando il loro contributo per far crescere i nostri ragazzi e la scuola tutta. Sono donne ed uomini, spesso con famiglie già create, che fanno sacrifici immensi e non solo economici ma anche di vita vera. Sono padri e madri che non vedono crescere i loro figli, sono uomini e donne che vivono in realtà difficili, spesso in solitudine, con parenti ed amici lontani.
Hanno fatto una scelta di lavoro, nessuno parla di ingiustizie, è stata una scelta libera, ma hanno abbondantemente ripagato lo Stato italiano con impegno, passione e professionalità. La scelta non può essere eterna, si deve dar la possibilità a chi ha dato tanto alla scuola di potersi ricongiungere con i propri cari, di poter lavorare nella propria terra d’origine. Ed il Miur come risponde a questa richiesta di una vita più serena? Risponde con una vergognosa percentuale decrescente per i trasferimenti interprovinciali: 40% nel 2019, 30% nel 2020, addirittura 25% nel 2021.
Il contratto mobilità firmato nel 2018 andava respinto, non solo dai docenti ma soprattutto da chi i docenti dovrebbe difenderli, quei sindacati confederali che invece quel contratto lo hanno firmato. Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda hanno apposto la loro firma ad un contratto mobilità irricevibile dimenticando i docenti che oltre ai decenni di precariato hanno aggiunto un “ruolo da precario”, sempre con le valigie in mano, percorrendo (quando possibile economicamente) lo stivale in lungo e largo.
I sindacati avrebbero dovuto indignarsi di una tale proposta, non controfirmarla senza batter ciglio.
Chiediamo con forza che ci sia un cambio di rotta:
1) che la percentuale del 25% per i trasferimenti interprovinciali del 2021 sia modificata, tornando almeno al 40%;
2) che alla scadenza triennale del contratto di mobilità si lotti per portare al 60% i trasferimenti interprovinciali annuali per i successivi tre anni;
3) che i sindacati si impegnino a non pensare esclusivamente ad una parte dei docenti ma alla totalità perché questo è “fare sindacato”.
Luigi Mazza – Coordinatore nazionale del Movimento GAE IN RUOLO – NON UNO DI MENO
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