Il precariato è da almeno venti anni un problema irrisolto del mondo della scuola.
Le soluzioni adottate nel corso degli anni infatti, tra Ssis, Tfa, concorso ordinario, straordinario e piano straordinario di assunzioni, hanno solo in parte risolto in problema, considerato che, dopo gli interventi “straordinari”, non è stato messo a regime un meccanismo di reclutamento adeguato.
A ciò si aggiunga il costante braccio di ferro tra il personale già di ruolo, che preme per avvicinarsi ai luoghi di residenza, ed i precari storici che aspirano all’assunzione.
Dopo il piano straordinario di assunzioni di cui alla L.107/2015, che ha previsto l’assunzione di circa 100 mila nuovi docenti, un cospicuo numero di questi, nonché moltissimi “vecchi” immessi in ruolo, sono infatti rimasti bloccati non riuscendo più, ed ormai sono passati già sei anni dalla legge 107, ad ottenere il trasferimento.
Assunti in gran parte molto lontano dai luoghi di residenza, questi docenti “immobilizzati” premono – giustamente- rivendicando un qualche tipo di priorità nelle procedure di mobilità, rispetto ai docenti con minore anzianità di ruolo.
L’attuale ripartizione delle aliquote tra mobilità territoriale, professionale e nuove assunzioni, non risponde però adeguatamente alle istanze dei docenti che aspirano al trasferimento, dato che solo il 25% delle sedi disponibili viene destinato alla mobilità territoriale, a fronte di previsioni legislative che dispongono nel senso di consentire le nuove assunzioni solo sulle sedi residue dopo le operazioni di mobilità.
Come se non bastasse, un’altra categoria di nuovi immobilizzati si profila all’orizzonte.
Con l’introduzione del vincolo quinquennale per i docenti assunti dal concorso di cui al DDG 85/2018 con decorrenza 1.09.2019 e dei nuovi assunti dall’1.09.2020, una nuova categoria di “immobilizzati” si aggiunge infatti ai vecchi immessi in ruolo, rimasti bloccati per anni lontano dai propri affetti familiari.
Solo un intervento legislativo può porre rimedio sia al problema dei vecchi immobilizzati che dei nuovi docenti vincolati per almeno cinque anni.
Ad oggi tuttavia, nonostante le manifestazioni di disponibilità ad affrontare il problema, la soluzione ancora non è stata messa in campo.
Occorre quindi una presa di posizione forte per dare la giusta risposta, contemperando i rispettivi interessi, a chi rivendica il diritto a ricongiungersi con le proprie famiglie e chi rivendica, altrettanto legittimamente, di essere immesso in ruolo dopo anni di precariato.
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