Sindacati in fibrillazione per l’ipotesi che il CCNI sulla mobilità venga riaperto, a seguito di una sentenza emessa dal Tribunale di Roma dopo che Uil-Scuola e Flc-Cgil avevano impugnato il contratto che era stato firmato dalla sola Cisl Scuola.
Una vicenda complessa e complicata che rischia di diventare quasi insolubile.
Nel tentativo di trovare una via d’uscita il Ministero ha già convocato le parti per il prossimo 19 ottobre; alla convocazione è allegata anche una bozza di revisione del contratto.
I primi commenti all’iniziativa del Ministero arrivano proprio dalla segretaria generale di Cisl Scuola Ivana Barbacci che dichiara: “Azzerare le operazioni di mobilità è una ipotesi a dir poco sconvolgente, anche per il sistema scolastico oltre che per le persone interessate, tra cui i circa 15.000 vincolati che grazie al contratto hanno potuto fare domanda e ottenere un trasferimento. Sembra esserne consapevole la stessa Amministrazione, che infatti nella bozza trasmessa ai sindacati propone di far salve le operazioni di mobilità per il 2022/23, di fatto regolando solo quelle del prossimo biennio”.
Il problema è molto complicato anche perché nel frattempo, dopo la firma del contratto, sono intervenute ancora altre disposizioni di legge approvate dal Parlamento che hanno introdotto nuovi e ulteriori vincoli alla mobilità.
“Tra queste norme – sottolinea ancora Barbacci – ci sono anche disposizioni che modificano il quadro normativo nelle cui pieghe era stato possibile individuare gli spazi per attenuare il vincolo di permanenza triennale previsto per i neo assunti. Quegli spazi, alla luce delle norme intervenute successivamente, oggi non ci sono più, a dimostrazione di quanto fosse stata tempestiva e opportuna la decisione di firmare l’intesa a gennaio. E infatti la bozza per un nuovo contratto che ci propone l’amministrazione non è certo migliorativa rispetto al CCNI precedente”.
Secondo Cisl Scuola, però, “la questione delicata e complessa del rapporto fra legge e contratto non può essere certo risolta in sede di contrattazione integrativa, ma può essere affrontata con più chance di successo solo nel negoziato per il rinnovo del CCNL; tant’è che uno degli obiettivi della CISL Scuola nel confronto con l’ARAN è proprio quello di recuperare quanto più possibile la materia mobilità alla disciplina per contratto, stabilendo in quella sede (e non per legge) i criteri e le regole di cui tenere conto nella contrattazione integrativa. Ovviamente, con conseguente revisione e adeguamento al nuovo CCNL degli attuali contratti integrativi, a partire da quello della mobilità”.
Entrando nel merito della decisione del Giudice del Lavoro di Roma, Ivana Barbacci osserva che “l’ordinanza del Tribunale si basa su una narrazione dei fatti non corrispondente al vero, non per responsabilità del Giudice, ma perché scaturisce dall’ascolto di una sola delle parti in causa (i ricorrenti), non essendosi presentata in giudizio l’altra (il ministero), per ragioni che sarebbe certamente interessante, e forse anche doveroso, chiarire”.
“Il comportamento antisindacale addebitato al Ministero – spiega la segretaria generale della Cisl Scuola – non discende, come spesso si tende a far credere, dal fatto che il contratto sarebbe stato firmato da una sola sigla, senza raggiungere il 50%+1 della rappresentatività. L’accusa è di aver escluso dal negoziato tutte le altre sigle, cosa che l’Amministrazione, se fosse intervenuta o si fosse fatta rappresentare in giudizio, avrebbe potuto facilmente smentire, producendo le convocazioni e i verbali degli incontri ai quali anche le altre sigle talvolta sono state presenti, mentre altre volte hanno deciso di non partecipare”.
Ultima complicazione: intanto il Ministero ha fatto ricorso nei confronti della ordinanza del tribunale e a novembre ci sarà una nuova convocazione, forse decisiva.
Cosa succederà? Il Giudice darà ragione all’Amministrazione?
E se nel frattempo Ministro e sindacati dovessero firmare un nuovo contratto cosa accadrebbe?
Insomma, un vero e proprio rebus di difficile soluzione.
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