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Mobilità e docenti disabili. Dove sono i diritti?

La storia che voglio raccontare è capitata a me, docente disabile, ma ho deciso di renderla pubblica perché credo che trascenda la mia vicenda personale, andando a toccare il modo in cui l’istituzione affronta il tema dei diritti dei docenti con disabilità e i diritti dei docenti in generale.

Sono docente di ruolo. Classe di concorso A19. Mi hanno assegnato ad una scuola in altra provincia distante 1h e 20 di auto da casa mia (in treno e di più perché ho il cambio).

Ho due figli sotto i 5 anni, ma soprattutto ho 104 e invalidità civile (75%) per malattia autoimmune. La mia è una malattia paraneoplastica che si chiama Miastenia Gravis e mi impedisce di muovermi eccessivamente o di sopportare carichi di lavoro fisico eccessivi (tipo guidare 2 ore al giorno), altrimenti incorro in paralisi di alcuni muscoli volontari (particolarmente del viso).

Ho richiesto la mobilità e non mi è stata concessa. Non mi è stata concessa secondo normativa.

Perché la normativa prevede che, se c’è un posto solo dove hai chiesto la mobilità, un anno lo concedono per le mobilità e un anno lo accantonano per i neoimmessi in ruolo. Sfortuna mia, quest’anno andava al ruolo.

Trovo questo sistema lesivo dei diritti della persona disabile. Non è mia intenzione passare avanti a chi sarà neoimmesso in ruolo, sempre che questo posto accantonato venga effettivamente assegnato, ma non è evidente che questo sistema non tenga conto dei più elementari criteri di umanità nel considerare i diritti dei lavoratori?

È possibile non considerare che il lavoratore disabile non ha né la qualità di vita, né l’aspettativa di vita di un lavoratore non disabile e che, pertanto, non può essere soggetto agli stessi pedissequi meccanismi? Non è al di fuori di ogni logica e senso dell’umano che non vi siano deroghe per casi di disabilità personale? Non è assurdo che i diritti del lavoratore disabile, e le sue conseguenti condizioni di vita, siano interamente affidate alla fortuna?

E, andando ancora più a fondo nel problema, vi chiedo in generale che senso abbia mandare un docente a lavorare ad un’ora e venti lontano da casa? Questo neoimmesso, se andrà nel posto che speravo io, quanto sarà distante dalla sua casa, dalla sua vita, dalla sua famiglia?

Non è evidente che un docente, al netto delle sue condizioni di salute, lavori tanto meglio quanto più è vicino alla sua casa? Non è disumano un sistema che assegna i posti a caso e non secondo il criterio del posto VICINIORI?

Alessio Nesi

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