E’ arrivata la sentenza del Tar Lazio sezione Terza bis, dello scorso 10 settembre che conferma l’errore del famoso algoritmo della mobilità 2016, quando gli assunti della Buona Scuola furono dirottati a migliaia di chilometri da casa.
Secondo il Tar Lazio, riporta La Repubblica, il ministero dell’Istruzione ai tempi di Stefania Giannini Minsitro, si rese colpevole “di una grave lacuna amministrativa” lasciando il potere decisionale a un algoritmo non controllato da mano umana: “Un metodo orwelliano”, scrivono i giudici, che cozza con la Costituzione e persino con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. “Le procedure informatiche, finanche ove pervengano al loro maggior grado di precisione e addirittura alla perfezione”, si legge nella sentenza, ”non possono mai soppiantare, sostituendola davvero appieno, l’attività cognitiva, acquisitiva e di giudizio che solo un’istruttoria affidata a un funzionario persona fisica è in grado di svolgere”.
Già all’epoca dei fatti, la perizia tecnica rilevò che l’algortimo era confuso, lacunoso, ampolloso, ridondante, elaborato in due linguaggi di programmazione differenti, di cui uno risalente alla preistoria dell’informatica, costruito su dati di input gestiti in maniera sbagliata”.
In generale, hanno rilevato i giudici del Tar Lazio, l’algoritmo non premiava il merito e quindi i anche punteggi, ma considerava esclusivamente la collocazione geografica.
Sentenza Tar Lazio (PDF)
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