La logica non sembra albergare nella menti di chi, a livello di contratto nazionale sulla mobilità, ha interpretato in un modo davvero bizzarro lo spirito della legge 104. Essa infatti prevede all’articolo 6 il diritto per il lavoratore, laddove possibile, di essere collocato lavorativamente in prossimità del portatore di handicap da lui assistito, senza fare alcuna differenza tra chi già si trovi a lavorare nella medesima provincia di residenza del genitore e chi no. A poco serve dire che la precedenza sia conferita, a livello interprovinciale, in sede di assegnazioni provvisorie perché, come ho avuto modo di sperimentare sulla mia pelle quest’anno, in alcune classi di concorso, le assegnazioni non si sono proprio fatte (salvo poi assegnare i posti liberatisi a supplenza annuale, con un modo di procedere davvero irrispettoso delle esigenze dei malati) inorgogliendo l’oramai quasi ex ministra Fedeli di aver fatto cominciare l’anno regolarmente.
La retorica giustizialista che ha accomunato tutti i referenti unici nell’odioso ed ingiusto adagio di “furbetti della 104” non scalfisce minimamente la validità del principio della protezione delle persone in condizioni di handicap che dovrebbe continuare ad essere un capo saldo dell’agire della Pubblica Amministrazione.
Chi imbroglia deve pagare, ma non tutti devono pagare per chi ha imbrogliato e soprattutto non si può dare per scontato che tutti abbiano imbrogliato.
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