La storia si ripete e, purtroppo, non è una storia a lieto fine. Di quelle che piacciono tanto ai bambini e sognatori, una storia in cui trionfano il buon senso e la giustizia. No, è una storia triste. Fatta di rinunce, umiliazioni ed ingiustizie. Chi le commette non è più forte, ma non ha nulla da perdere, deve solo nascondere gli errori a discapito di tutto e tutti anche se nel fare ciò continua a commettere nuove ingiustizie.
Questo è lo Stato italiano. Zittisce la stessa magistratura, ancora di salvezza in uno stato libero e democratico, a cui il cittadino ricorre per vedere riconosciuti i propri diritti.
Questa è la triste storia di tante malcapitate insegnanti che, per coronare il loro sogno di stabilità, dopo lunghi anni di precariato al Sud, hanno prodotto domanda di assunzione affidandosi alle promesse dello Stato. Sognatrici ed idealiste, hanno creduto anche in quella lettera di ringraziamento per il lavoro svolto in tanti anni di precariato. Ma si sono trovate poi nuovamente costrette a produrre una domanda che nuovamente le ha portate lontano dalle loro terre. E guarda caso ripercorrendo quelle orme odiose che vedono ancora una volta il Sud pagare dazio al Nord. Hanno creduto poi che una nuova mobilità avesse lo scopo di restituire ciò che era stato loro strappato: la serenità, la possibilità di continuare ad insegnare senza dover rinunciare al loro essere madre, donna e figlia. Ma i numeri della prossima mobilità non lasciano spazio ai sogni, il ritorno nelle proprie terre e tra i propri affetti è solo un miraggio, è solo una beffa.
E a nulla è valso ricorrere ai giudici perché si vuole imbavagliare anche la giustizia che ha riconosciuto l’illegittimità dei trasferimenti, perché è così che sentenziano le ordinanze. Questa è la storia delle docenti e dei docenti “deportati” dalla legge 107/2015, la “buona scuola”, riforma che di buono ha davvero poco, o nulla. Storie di insegnantiche devono lottare per vedere riconosciuto il loro diritto di esercitare la professione serenamente. Una professione a cui hanno sempre dedicato i momenti più belli e significativi della loro vita, per cui non demorderanno ricorrendo nuovamente alla magistratura e a tutte le forze che ancora restano loro per non restare in silenzio e per resistere.
Anche se non è una storia felice, è una storia da raccontare, perché la fiducia nella democrazia non si arresta mai. È una storia che insegna a non arrendersi, ad avere fiducia nelle istituzioni che lavorano per la giustizia e per il bene comune. Un tesoro prezioso soprattutto per gli alunni delle terre del Sud per i quali è ancora più doveroso lottare. E’ una storia che insegna a credere che il mondo, nonostante tutto, sia un bel posto in cui i sogni si realizzanoperché con convinzione, onestà e forza di volontà e d’animo ciò che non va può essere ancora cambiato.
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