Le nuove regole sulla mobilità, che potrebbero entrare in vigore a partire dal 2016/2017, e che noi per primi abbiamo segnalato in un precedente articolo e ulteriormente approfondite in un altro, stanno facendo discutere parecchio.
Scontate le reazioni negative di insegnanti e sindacati, va ovviamente precisato che la norma, per ora sta scritta nel disegno di legge che nei prossimi giorni dovrà iniziare il proprio percorso alle Camere.
C’è chi spera che questa e altre disposizioni possa essere modificata nel corso del dibattito parlamentare, ma allo stato attuale delle cose, stando a quanto dichiarato da Rezi e da altri esponenti del Governo, l’approvazione del provvedimento dovrebbe avvenire in tempi rapidi e quindi non sarà facile trovare gli spazi per modificare, riscrivere e correggere.
Se davvero il Governo intende avere una legge approvata entro la fine di maggio, le strade sono due: o le forze politiche si accorderanno per modifiche “leggere” oppure il Governo potrà accogliere una manciata di emendamenti e su quelli porre il voto di fiducia.
(Che altro può voler dire la frase di Renzi “Il Parlamento approverà la legge, in un modo o nell’altro”?)
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Ma c’è anche chi, impropriamente, pensa che le norme sulla mobilità potranno essere modificate quando si sottoscriverà il prossimo contratto.
Su questo punto è bene non farsi illusioni: il ddl dice chiaramente che le norme contenute nel provvedimento sono inderogabili e non modificabili per via contrattuale; ma c’è di più: l’articolo 22 prevede la stesura di un nuovo articolato contrattuale che dovrà fare riferimento ad un atto di indirizzo da emanarsi entro sei mesi dalla approvazione del DDL. In pratica di nuovo contratto si parlerà non prima della primavera 2016 (lo stesso articolo 22 lascia intuire che gran parte del nuovo contratto sarà dedicata proprio alla mobilità che quindi non dovrebbe più rientrare nella contrattazione integrativa). Insomma: le disposizioni del ddl rimarranno tali e quali e non potranno in alcun modo essere disapplicate.
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