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Mobilità straordinaria per i neo dirigenti? Non scherziamo!

Se è vero che “tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi”, non dovrebbero darsi costrutti deroganti alla norma, soprattutto ove si rappresenti un preminente interesse pubblico. Eppure, i vincitori, assunti con una riserva freudianamente rimossa, seguitano ad anteporre le proprie ragioni “domestiche” al principio del bene comune, quasi che la situazione emergenziale invocata per ottenere la sospensiva – concessa come sappiamo lo scorso 12 luglio – non sussistesse se non come acrobazia giuridica.

È quanto pretenderebbe il sedicente “Gruppo neo Dirigenti scolastici per la mobilità straordinaria”, costituitosi ad onta dei principi governanti la Pubblica Amministrazione. Ancora una volta, dunque, si specula sul significato dell’interesse pubblico, tentando di eludere una sentenza i cui presupposti non sono invece caducabili, se non sconfessando l’idea stessa di Diritto.

Nelle more del giudizio di merito, abbiamo già assistito all’indisturbato automatismo di una procedura viziata ab imis, come attesta anche la Circolare Ministeriale n. 36621 dell’8/08/2019, ove nell’assegnazione ai ruoli regionali dei vincitori non si fa menzione alcuna al contenzioso pendente innanzi al Consiglio di Stato, né la portata invalidante degli ulteriori motivi proposti ne ha condizionato il perfezionamento. D’altronde, l’accoglimento dell’istanza cautelare proposta dal MIUR ha fatto sì che la conduzione degli orali occupasse, paradossalmente, proprio il tempo di esecuzione della sentenza demolitoria del TAR.

Appare evidente che la portata nazionale del concorso per dirigenti scolastici non sia modificabile, ad libitum: il bando (D.D.G. 1259 del 23/11/2019), inteso come lex specialis, atta a disciplinare principi e finalità procedurali, è, a tal riguardo, inequivocabile. Citiamo testualmente gli articoli specifici come premessa sufficiente a smontare le pretestuose ragioni del suddetto Gruppo di neo Dirigenti:

 “[…] è indetto un corso-concorso selettivo nazionale” (art. 2); “all’esito del concorso di accesso al corso di formazione dirigenziale, i candidati sono collocati in una graduatoria generale nazionale per merito e titoli” (art. 12); “I soggetti che rinunciano all’assunzione sono esclusi dalla graduatoria. Sono altresì depennati dalla graduatoria coloro che, senza giustificato motivo, non prendono servizio nel termine indicato dall’USR” (art. 15).

Dello stesso insindacabile tenore è il Regolamento n. 138 del 3 agosto 2017, n. 138:

“La graduatoria generale di merito […] è nazionale ed è formulata in base alla somma dei punteggi conseguiti da ciascun candidato nelle prove […]. Il ruolo regionale in cui i vincitori sono assunti è determinato, nel limite dei posti vacanti e disponibili ciascun anno e in ciascun USR, sulla base dell’ordine di graduatoria e delle preferenze espresse dai vincitori stessi […] I soggetti che rinunciano all’assunzione sono esclusi dalla graduatoria. Sono altresì depennati dalla graduatoria coloro che, senza giustificato motivo, non prendono servizio nel termine indicato dall’amministrazione […] I dirigenti assunti […] sono tenuti alla permanenza in servizio nella regione di iniziale assegnazione per un periodo pari alla durata minima dell’incarico dirigenziale previsto dalla normativa vigente”.

La nostra disamina potrebbe concludersi senza ulteriori commenti, ma in ossequiosa ottemperanza al dettato giuridico, è doveroso evidenziare il riduzionismo etico connotante le pretese addotte e la consequenziale riserva – questa volta non di natura giuridica – pendente sull’eventuale operato dirigenziale di quanti fingono di ignorare bando.

Non intendiamo tuttavia generalizzare la formulazione di questa gravosa perplessità all’intera categoria in oggetto: che vi siano concorrenti meritevoli, di spessore umano e professionale, è questione indiscussa, laddove emerge l’opinabile natura privatistica delle doglianze dedotte con l’avallo di qualche sindacato. Infatti, la lettera al Presidente della Repubblica, invocante la mobilità straordinaria per i “neo dirigenti”, sconfessa ogni argine di ragionevolezza e buon senso, oltre a contraddire i principi posti a presidio del buon andamento e dell’imparzialità. D’altronde, è stata proprio la condotta sottrattiva dei sindacati ad aver creato una frattura di difficile riconciliazione: all’imbarazzante silenzio sulle illegittimità procedurali ha corrisposto la recente proposta di accogliere le necessità umane e familiari dei vincitori in relazione alla scelta delle sedi, sfruttando le disponibilità di eventuali rinunce. E così, il menzionato Gruppo di “neo dirigenti” con pallide argomentazioni, osa parlare di “giorni di profonda amarezza ed angoscia”, nella prospettazione di occupare “sedi lontane dalla propria regione, sparse in tutto il territorio nazionale”, pur avendo intrapreso un percorso la cui pre-tipizzazione ex ante non lasciava alcun margine di negoziabilità tra l’interesse pubblico e quello meramente personale. Emerge in controluce l’aspettativa latente di curvare una procedura nazionale in base alle proprie esigenze, come se l’adempimento ai doveri prescritti versasse paradossalmente in “[…] manifesta lesione dei principî amministrativi di imparzialità̀ e ragionevolezza”. La dissacrazione del lemma pubblicistico è forse l’atto più odioso di questa vicenda, senza omettere il paventato timore che il perfezionamento dell’iter “[…] penalizzi i primi e premi gli ultimi della graduatoria di merito”, quasi a voler gerarchizzare, per un’attardata sindrome del primo della classe, i vincitori in soggetti di serie A e di serie B.

In attesa che il Consiglio di Stato si pronunci nel merito, pur nella stagione scandalistica che ha travolto il Cineca e, per altri versi, taluni esponenti della giustizia amministrativa, l’evidenza dei fatti ci induce a credere ancora più fermamente nell’imperatività del diritto posto a tutela del bene comune e nella necessità che ciascuno di noi, come uomo, come cittadino, come docente e futuro dirigente, vi concorra senza compromessi ed eccezioni.

 

Il Comitato “Trasparenza è Partecipazione”

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