La legge 107 non brilla per chiarezza ed è zeppa di incongruenze, discriminazioni, punti oscuri che lasciano prevedere una gran mole di contenzioso che il contratto sulla mobilità non contribuirà certo ad eliminare.
I problemi nascono tutti dal comma 108, il quale, con l’intento lodevole di porre rimedio, nei limiti del possibile, a certe problematiche, ha ingarbugliato le cose, confondendo le idee ed alimentando, con le sue ambiguità, aspettative opposte.
Quando, a proposito del personale immesso in ruolo nell’anno scolastico 2014/2015, vi si afferma che “tale personale partecipa, a domanda, alla mobilità per tutti gli ambiti territoriali a livello nazionale … per tutti i posti vacanti e disponibili inclusi quelli assegnati in via provvisoria nell’anno scolastico 2015/2016 ai soggetti di cui al comma 96, lettera b), assunti ai sensi del comma 98, lettere b) e c)”, cosa si intende dire?
Che la provincia indicata nella proposta di nomina viene attribuita in via provvisoria per il 2015/2016 e che per il 2016/2017 tutto deve essere rimescolato? E’ strano che l’espressione “in via provvisoria”, con riferimento ai “posti” assegnati nelle fasi B e C, compaia improvvisamente, en passant, soltanto nel comma 108 e in nessun altro dei vari commi dedicati alle procedure di nomina. L’unica provvisorietà che emerge, in modo incontrovertibile, dall’intero corpo della Legge, è quella della sede assegnata “al termine della relativa fase” (comma 99), quale “ponte” verso gli ambiti territoriali.
Quanto previsto dal comma 108, a mio parere, è in stridente, insanabile contrasto con il comma 101, nel quale, sin dall’inizio, si fissano le “regole del gioco” in maniera chiara, netta, incontrovertibile: “Per ciascuna iscrizione in graduatoria, e secondo l’ordine di cui al comma 100, la provincia e la tipologia di posto su cui ciascun soggetto è assunto (N.B. “su cui è assunto”, non “assegnato”, men che mai “assegnato provvisoriamente”) sono determinate scorrendo, nell’ordine, le province secondo le preferenze indicate e, per ciascuna provincia, la tipologia di posto secondo la preferenza indicata.” Coerentemente con tale dettato, la proposta di nomina formulata a livello centrale, prima, la stipula del contratto a livello locale, poi, hanno assegnato la provincia, senza limitazione temporale alcuna e quindi, dovrebbe essere scontato, in via definitiva, secondo la collocazione in graduatoria e le preferenze indicate.
Ergo, sempre a mio parere: chi è stato “assunto” su un posto della provincia di Lecce dovrebbe avere acquisito la propria “titolarità” su un posto della provincia di Lecce, chi è stato “assunto” su un posto della provincia di Milano dovrebbe avere acquisito la propria titolarità su un posto della provincia di Milano.
E, a norma dell’articolo 399, comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, vi sarebbe dovuto restare per un triennio, come vi sarebbe dovuto restare per un altro anno chi è stato assunto a tempo indeterminato nell’anno scolastico 2014/2015.
Se non fosse intervenuto il comma 108, il cui fine si sarebbe dovuto limitare a prevedere “un piano straordinario di mobilità territoriale e professionale su tutti i posti vacanti dell’organico dell’autonomia” “in deroga al vincolo triennale”, rivolto ai docenti assunti a tempo indeterminato entro l’anno scolastico 2014/2015 e, in subordine, “per rientrare nell’ambito territoriale che maggiormente si preferisce” (FAQ 23), ai neoimmessi in ruolo con le fasi B e C. La portata di detto comma, invece, è tale da risultare in contrasto con gli ordinamenti tuttora vigenti e da stravolgere procedure di mobilità ampiamente ed univocamente consolidate.
Giova ricordare, innanzitutto, che, in attesa dell’istituzione di quelli regionali prevista dal comma 66 con decorrenza dal 2016/2017, “i ruoli del personale docente sono provinciali” (art. 398 del DECRETO LEGISLATIVO 16 aprile 1994, n. 297). Le assunzioni, anche se con procedura nazionale, sono, dunque, avvenute nei ruoli provinciali, sulla base dei posti disponibili in ciascuna provincia.
Gli annuali CCNI che nel passato hanno regolamentato i trasferimenti ed i passaggi, nel fissare la sequenza delle operazioni, hanno, sempre, collocato il trattamento dei docenti in attesa della sede definitiva nella II fase, quella provinciale, prima della III, quella della mobilità professionale e territoriale interprovinciale. Unica novità, obbligata, per il 2016/2017: il passaggio dalla sede scolastica assegnata provvisoriamente (questa sì) per il 2015/2016, non più ad un’istituzione scolastica, ma ad un ambito territoriale (“di dimensione inferiore a quella provinciale o della città metropolitana”) (FAQ 23).
Il numero di posti, dal comma 108 prima definiti “vacanti”, subito dopo “vacanti e disponibili” per i trasferimenti da altra provincia, quindi, non poteva che essere quello dell’organico dell’autonomia (posti comuni, di sostegno e per il potenziamento dell’offerta formativa) al netto dei posti già assegnati (e, quindi, a livello provinciale e subprovinciale non più disponibili) ai neoimmessi in ruolo. Visto che le cose non andranno, come sembra ormai certo, in questa direzione, mi chiedo: a che cosa sono serviti gli sforzi, tanto conclamati, del Ministero (algoritmo compreso) volti a “salvaguardare le aspettative di tutti” con l’assegnazione degli aspiranti ai posti “con una particolare attenzione a garantire – al massimo delle possibilità” che ciascuno fosse assegnato “proprio alla prima tra le province secondo l’ordine delle preferenze espresse” (FAQ 22)?
La messa a disposizione per i trasferimenti interprovinciali di posti già assegnati creerà, a livello provinciale, un incalcolabile numero di sovrannumerari fra quei docenti (persone reali, non ipotetiche) che “su” quei posti sono stati “assunti” nelle fasi B e C. Una sovrannumerarietà, si badi bene, non determinata da contrazione di organici o da esigenze di “ristrutturazione”, ma dalla libera e volontaria richiesta di mobilità di una parte del personale ai danni di altro di pari grado.
E tutto ciò in aperta violazione della dignità e dei diritti fondamentali dei lavoratori. Dignità e diritti fondamentali, giova rammentarlo, che non sono mai stati considerati una variabile dipendente dall’anzianità, spendibile in maniera unilateralmente contrastiva. Per la prima volta viene considerato “vacante e disponibile” un posto su cui è già stato assunto altro personale.
Ma il rimettere tutto in gioco nell’ambito e con le procedure della mobilità è foriero di altre storture: assunti in una determinata provincia sulla base della propria collocazione nella graduatoria di merito, i neoimmessi in ruolo saranno assegnati “definitivamente” ad un ambito territoriale sulla base di tutt’altra graduazione, quella relativa alla mobilità, che tiene conto di tutt’altri titoli (servizio prestato per anni interi e nella sola scuola statale, ricongiungimento al coniuge, numero di figli, legge 104, precedenze ecc.).
In soldoni: chi è stato assunto su un posto della propria provincia grazie alla collocazione nei primissimi posti della GAE, potrebbe essere costretto a migrare ad un migliaio di chilometri per fare spazio a qualcuno che vi occupava le ultime posizioni. Insomma, un bel pastrocchio, che mi sembra presenti notevoli profili di illegittimità, disparità di trattamento, incostituzionalità, non difficilmente attaccabili in sede di contenzioso
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