Il modello Dada non è una novità, anzi, se ne sente parlare da tempo. L’acronimo sta per Didattiche per Ambienti di Apprendimento, ed è un modello innovativo di didattica che ha già trovato applicazione, un paio di anni fa, in alcune scuole italiane.
Il Dada prevede una trasformazione dal punto di vista didattico e logistico del modo in cui si fa lezione a scuola, ispirandosi al modello statunitense e dei campus anglosassoni.
Ogni disciplina si fa in una classe diversa: non sono più, così, i docenti a dover passare da un’aula all’altra al cambio dell’ora, ma gli studenti, che non sono più costretti a stare seduti nella stessa aula per tutta la durata della giornata scolastica. Le aule possono così essere personalizzate, in quanto assegnate ad una precisa materia e Per raggiungerle nella scuola si possono costruire dei percorsi colorati
Giovanna Calvi, insegnante di tecnologia dell’istituto Dante Alighieri di Verona, che sta sperimentando il modello Dada, ha enumerato i numerosi vantaggi di questo approccio: “I professori possono personalizzare o modificare il setting degli spazi con banchi singoli, a coppia o a piccoli gruppi a seconda delle necessità educative, dunque le aule diventano dei veri e propri laboratori di apprendimento dove i ragazzi trovano tutti gli strumenti didattici necessari per lo svolgimento di una determinata materia. Dal canto loro gli alunni, uscendo da un ambiente per raggiungerne un altro, scaricano un po’ di stanchezza e recuperano la concentrazione che, come ci dimostrano le neuroscienze, non rimane invariata nell’arco della giornata”.
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